Un “carico” da 100 miliardi di euro da qui al 2020 vincolati ai sei settori chiave – acciaio, automotive, cantieristica navale, costruzioni, industria per la sicurezza e turismo – su cui la Ue si gioca la partita della reindustrializzazione, dopo 5 anni di crisi e un decennio votato a finanza e terziario avanzato.
È l’architrave del nuovo “industrial compact” – un nuovo patto di politica industriale per Eurolandia – quello che presenterà domani a Bruxelles il vicepresidente della Commissione Ue e commissario all’Industria, Antonio Tajani, assieme al presidente Jose Manuel Barroso e al collega per l’Energia Gunther Oettinger.
L’obiettivo resta quello di portare al 20% il Pil prodotto dalla manifattura in Europa (oggi è al 14%) entro il 2020 e l’industrial compact dovrebbe servire proprio a rafforzare la politica microeconomica dell’area per uscire dalla crisi e creare un contraltare alle politiche di austerità e rigore. A questo scopo “Orizzonte 2020” – cioè il programma per promuovere la ricerca e innovazione nell’Unione europea – prevederà almeno 100 miliardi di euro di incentivi tra 2014 e 2020 vincolati ai sei settori chiave per la “rinascita” della politica industriale europea. In pratica, “Orizzonte 2020” sarà finalizzato anche alla ricerca e all’innovazione industriale (non più solamente accademica) e sarà, per la prima volta, integrabile anche con i fondi strutturali e con i cofinanziamenti nazionali. In questo modo, la Ue sarà nelle condizioni di finanziare l’intero processo di trasferimento tecnologico: dalla ricerca al progetto-pilota sino alla commercializzazione del prodotto.
«Un’inversione di tendenza» secondo lo stesso Tajani, perché si individuano sei pilastri di filiera specifici e su questi si drenano risorse e un quadro di sistema coerente capace di accompagnare attraverso i bandi – i primi sono partiti poche settimane fa – la ricerca accademica e industriale, l’industrializzazione e la commercializzazione. La Ue propone anche di creare a livello regionali “Piattaforme intelligenti” per facilitare i contatti tra aziende e distretti, facilitare il trasferimento tecnologico e le opportunità di business.
La lotta alla burocrazia non è solo un obiettivo italiano. Nel nuovo “industrial compact” c’è anche un impegno a ridurre gli oneri burocratici. Prevista, infatti, una proposta di direttiva per rivedere lo Small business act e rendere obbligatorie per gli Stati alcune misure di semplificazione. Ad esempio, 3 giorni e 100 euro di spesa per aprire un’impresa o al massimo 30 giorni per ottenere una licenza commerciale.
Intanto a Bruxelles, domani, si decide sul tetto alle emissioni di CO2 e sulla quota di energia da coprire con le energie rinnovabili. Si rivede, in pratica, il cosiddetto «20-20-20» (20% di riduzione di emissioni rispetto al 1990,20% di rinnovabili, 20% di maggior efficienza entro il 2020). La Commissione sosterrà, a maggioranza (contrari Tajani, Olli Rehn agli Affari economici, Dacian Ciolos all’agricoltura e Oettinger) una riduzione obbligatoria delle emissioni di Co2 del 40% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990 e l’uso delle energie rinnovabili al 27% del totale del consumi. Secondo Tajani si tratta di obiettivi troppo ambiziosi. Il rischio è che poi si costringano, paradossalmente, le imprese a delocalizzare. Mentre sarebbe meglio, secondo il vicepresidente Ue, fermarsi alla situazione odierna, che corrisponde a una quota di rinnovabili del 24 per cento contro invece il 27 per cento.
Infine, qualcosa si muove anche sul fronte dei visti turistici, per affrontare le emergenze legate ai flussi previsti con l’Expo. Tajani e il commissario agli Affari Interni, Cecilia Malmstroem, stanno lavorando a uno snellimento delle procedure.
Per Expo 2015 e i Mondiali di calcio di Francia 2016 visto turistico automatico per tutta l’area Schengen ai cittadini extracomunitari che vi siano già stati in precedenza. Mentre sarà tolto l’obbligo di visto da Emirati Arabi, Perù e Colombia.
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