Puglia, Campania, Calabria, Toscana e Sicilia: in queste regioni si concentrano le attività dei “pirati dei Raee”.
Qui dal 2009 al 2013 è stato scoperto il maggior numero di discariche abusive (sei su dieci) di apparecchi elettrici ed elettronici che sfuggono alla raccolta dei sistemi collettivi dove vengono trattati e smaltiti “a norma”. Nel periodo sono state sequestrate 299 discariche illegali per una superficie totale di poco superiore a mille chilometri quadrati, più o meno l’ampiezza di una provincia come Vibo Valentia. Lo rivela la prima edizione del dossier «I pirati dei Raee», frutto della collaborazione tra Legambiente e il Centro di coordinamento Raee con i suoi 16 sistemi collettivi, che verrà presentato il prossimo 18 marzo a Milano e che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare.
La provincia più colpita è quella di Livorno, che precede Napoli, Campobasso e Palermo. È solo la punta dell’iceberg, perché questi traffici illegali non risparmiano alcun lembo d’Italia. Una decina di giorni fa, per esempio, la GdF ha sgominato a Modena una banda che attraverso due Onlus spediva Raee in Africa: un traffico da circa 50 container al mese e una di queste Onlus avrebbe effettuato oltre mille spedizioni dal 2010 al 2013. Nello stesso periodo i Carabinieri per la tutela dell’ambiente hanno effettuato 270 controlli e in 144 casi la situazione non risultava a norma. Per reati penali gli uomini del Noe hanno segnalato 302 persone con 17 arresti. Sono state emesse 350 sanzioni penali e 19 amministrative per un importo pari a quasi 109mila euro. I sequesti invece sono stati 101 per un valore di 14,6 milioni. Tornando al dossier Cdc Raee-Legambiente, in dieci anni le inchieste sul traffico illecito di Raee sono state solo sei, che hanno portato all’arresto di 41 persone e alla denuncia di 214 soggetti. «Troppi reati ambientali sono considerati minori e puniti con una multa – spiega Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente -.
Solo in due fattispecie di traffico si va incontro alle pene più severe e all’arresto». È in arrivo l’inasprimento delle pene con l’inserimento nel codice penale di quattro nuovi reati tra cui quello di inquinamento ambientale e l’aggravante ecomafiosa. A fine febbraio c’è stato il sì della Camera al Ddl. «Un importante passo per adeguare il nostro codice alla normativa europea» commenta Ciafani. L’insieme dei crimini ambientali frutta alla malavita organizzata 16,7 miliardi l’anno, come evidenzia il rapporto Ecomafia di Legambiente.
Oltre alle discariche clandestine e ai traffici illegali, alla raccolta dei sistemi collettivi sfugge una buona quota di Raee a causa dei comportamenti dei singoli. «In base alle nostre stime in Italia la produzione pro capite di Raee è pari a 15-16 chili l’anno – ricorda Danilo Bonato, presidente del Cdc Raee – mentre la raccolta è stabile sui quattro chili». Negli scorsi anni, poi, la raccolta ha visto un lieve calo, rendendo più difficile raggiungere gli obiettivi della direttiva Ue 2012/19, che prevede di raccogliere il 45% sull’immesso nel 2016 e il 65% nel 2019.
C’è infine il problema dei Raee che raggiungono i Paesi africani e asiatici, dove si recuperano solo componenti e metalli più pregiati. «A livello europeo si stima che circa il 10% dei Raee venga esportato illegalmente», aggiunge Bonato.
Questo mercato nero è una concorrenza sleale verso tutta la filiera degli operatori. La GdF, evidenzia il dossier, stima che lo smaltimento legale di un container da 15 tonnellete di rifiuti pericolosi abbia un prezzo di circa 60mila euro, mentre con il traffico illegale il costo può calare del 90 per cento. «I Raee fanno gola a un ampio ventaglio di organizzazioni – conclude Bonato – e il Governo dovrebbe introdurre un pacchetto di misure per qualificare gli operatori, oltre a un sistema di certificazioni che obblighi chi ritira a conferire i Raee agli impianti di trattamento accreditati presso il centro di coordinamento».
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento