Pagelle, piani Marshall, merito, trasparenza, semplificazioni, come sempre avviene con i nuovi governi, si generano grandi speranze di grandi riforme della Pa perché la riforma della Pa è centrale per il rilancio. La ristrutturazione di un settore, però, non la si fa con piani astratti o strumenti manageriali complessi (tutte cose costosissime e fatte da chissà chi), ma si fanno mettendo in gioco le persone. Occorre avere poche idee e semplici. In proposito il Jobs Act di Matteo Renzi sul tema è scritto chiaro; centra l’azione sulla dirigenza, precisando che occorre eliminare la garanzia dell’impiego a tempo indeterminato, per rendere i dirigenti più attenti ai risultati e alle politiche. Questa idea forte è sufficiente per un vero cambiamento, perché si rigenerano le persone che operano nella Pa. Per farlo in modo utile occorre seguire alcuni principi chiave. Per ottenere il superamento del tempo indeterminato, senza creare una pericolosa e ingiusta precarizzazione della dirigenza, occorre creare un corpo professionale coeso e di alto livello e un mercato interno del lavoro pubblico ampio e flessibile. Queste due condizioni consentono di evitare forme illegittime di spoil system, garantire il principio d’imparzialità ed efficienza della Pa e garantire il lavoro a chi vuole farlo bene. Ecco le mosse possibili:
Evitare lo spoil system:
a.applicare il principio di distinzione dei poteri tra politici e tecnici senza confonderlo con l’idea di separazione. In questo senso occorre non escludere la responsabilità amministrativo-contabile degli organi di indirizzo politico per atti di competenza della dirigenza;
b.prevedere un albo unico nazionale della dirigenza pubblica, valido per tutte le tipologie di pubblica amministrazione, a cui si accede tramite concorso pubblico per titoli ed esami svolto in diverse sedi come, ad esempio, per le abilitazioni professionali, nelle università. L’inserimento nell’albo non dà diritto allo svolgimento d’incarichi dirigenziali, ma è condizione imprescindibile per ricevere incarichi con procedure d’interpello disciplinate dalle singole amministrazioni pubbliche, in modo che siano garantiti i principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. Tali procedure dovrebbero essere svolte da soggetti terzi, esterni all’amministrazione, appositamente abilitati. Nell’albo accede di diritto chi è già dirigente a tempo indeterminato e a tempo determinato se selezionato con procedure selettive pubbliche. Chi perde l’incarico, se funzionario pubblico torna tale, se esterno alla Pa torna sul mercato del lavoro, se invece già dirigente, dovranno applicarsi forme di tutela e/o di prepensionamento.
Rinforzare le competenze:
a.prevedere che, per accedere all’albo, si abbiano titoli di studio specifici come lauree magistrali o master appositi per la dirigenza pubblica nelle diverse discipline;
b.sostenere la formazione continua delle persone iscritte all’albo, prevedendo la necessità di un numero minimo di crediti formativi erogati da corsi universitari appositamente accreditati, validi per la permanenza nell’albo.
Creare un mercato del lavoro pubblico:
a.prevedere che, chi è nell’albo, possa accedere a qualsiasi amministrazione pubblica (Centrale, Locale, enti, ecc.);
b.creare ruoli aperti superando le dotazioni organiche dirigenziali e limitando gli incarichi ai limiti delle risorse finanziarie con programmazione triennale;
c.stipulare un contratto nazionale unico della dirigenza con livelli retributivi minimi e massimi e, all’interno di questo range, stabile la singola retribuzione con il contratto individuale.
L’adozione ben temperata dell’idea del Jobs Act, ora abbozzata, potrebbe consentire di avviare una grande ristrutturazione della dirigenza pubblica che, da subito, può risolvere specifiche situazioni e, nel giro di pochi anni, può attivare un forte ricambio sia generazionale sia di competenze. Mettersi in gioco in questo modo consentirà alla dirigenza pubblica di vedersi riconosciuto il ruolo e la reputazione pubblica che si merita in quanto rappresentanti della funzione pubblica.
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