Sugli esuberi nel pubblico impiego i conti non tornano. Per il momento si tratta «di una prima stima di massima da affinare», ma se i numeri esposti ieri in senato dal commissario straordinario alla spending review, Carlo Cottarelli, fossero giusti, gli 85.000 statali in eccesso nella p.a. rappresenterebbero una vera falcidia rispetto ai precedenti tentativi di razionalizzare gli organici pubblici. Soprattutto rispetto al piano elaborato dal primo supercommissario alla revisione della spesa, quell’ Enrico Bondi grazie al quale gli italiani hanno iniziato a familiarizzare con l’espressione «spending review».
Gli esuberi secondo Bondi
Bondi aveva stimato in 24.000 i possibili esuberi nel pubblico impiego, di cui 13.000 negli enti locali e 4.000 nell’Inps (a seguito dell’accorpamento con l’Inpdap). Tutti, aveva promesso l’ex commissario straordinario di Parmalat, da assorbire in modo soft attraverso prepensionamenti o trasferimento in mobilità presso altre amministrazioni. Ma poi i tagli sono rimasti solo sulla carta esattamente come i propositi bellicosi contenuti nella spending review di Mario Monti (dl 95/2012) che alle pubbliche amministrazioni centrali prospettava un taglio del 20% dei dirigenti e del 10% del costo delle dotazioni organiche dei dipendenti, mentre per le regioni e gli enti locali affidava a un dpcm l’individuazione del «giusto» livello delle dotazioni organiche chiedendo alle amministrazioni posizionate al di sopra di questa asticella di virtuosità di non assumere più personale o dare corso ai tagli. Peccato però che questo dpcm non abbia mai visto la luce, né col governo Monti né con quello Letta. Senza questo decreto l’individuazione degli esuberi negli enti locali e la conseguente mobilità presso altre amministrazioni sono rimasti solo un auspicio.
La riforma Brunetta
Rottamata la spending review di Bondi, il quadro generale di regole sulle eccedenza di personale nella p.a. torna a essere quello tracciato dalla riforma Brunetta. Fu proprio l’ex ministro della funzione pubblica (nel novembre 2011, qualche giorno prima che Silvio Berlusconi cedesse il testimone al governo dei professori, ndr) il primo a immaginare che la sovrabbondanza di personale, che caratterizza molti settori del pubblico impiego, potesse essere risolta trasferendo gli esuberi agli enti con carenze di organico. Renato Brunetta riuscì a far inserire nella legge di stabilità 2012 (legge 183/2011) una norma che lasciava alla buona volontà degli enti la ricognizione del personale in sovrannumero, stabilendo per le ipotesi in cui le amministrazioni fossero rimaste inerti due sanzioni sulla carta abbastanza dissuasive, ma in pratica totalmente snobbate: l’impossibilità di effettuare nuove assunzioni e la responsabilità disciplinare a carico dei dirigenti. Individuati gli esuberi, gli enti avrebbero dovuto prima verificare la possibilità di ricollocare i dipendenti presso la p.a. di provenienza o altre amministrazioni (mobilità). Ed esperiti inutilmente questi tentativi, sarebbe scattato il collocamento in disponibilità del dipendente. Ma, come detto, in assenza di controlli, tutta questa impalcatura normativa è rimasta ferma al palo.
Il piano Cottarelli: 5 miliardi di risparmi fino a fine anno
Ora Cottarelli intende riprovarci per arrivare a risparmiare da maggio a dicembre quei 5 miliardi che servono al premier Matteo Renzi per finanziare l’abbattimento del cuneo fiscale.
Le cifre illustrate ieri in senato (sia quelle sugli statali in eccesso, sia quelle sugli altri tagli alla spesa pubblica) non sono ancora definitive. Quelle vere, Cottarelli le darà nel piano definitivo che, ha annunciato, «sarà presentato con il Def».
Ma già fa discutere la prospettiva di un nuovo contributo chiesto ai pensionati. Anche su questo Cottarelli mette le mani avanti. «Quello delle pensioni è un tema delicato, non spetta a me decidere», ha dichiarato davanti alla commissione bilancio del senato. «Sarebbe stato difficile ignorare una spesa che arriva a 270 miliardi. I risparmi indicati sono nell’ordine dell’1% della spesa totale, un contributo molto inferiore ad altri settori, come i costi della politica dove è prevista una riduzione del 10%». Il piano Cottarelli prevede un contributo temporaneo sui vitalizi più elevati in modo da esentare l’85% dei pensionati, una maggiore deindicizzazione degli assegni a partire dal 2015, la revisione delle pensioni di guerra e una stretta sulle pensioni di reversibilità.
Le reazioni
Un menu ostico da digerire che già sta riscuotendo parecchie critiche anche all’interno della maggioranza. E da cui sembra aver preso le distanze persino il ministro della funzione pubblica, Marianna Madia, che preferisce pensare si tratti di «una interpretazione distorta in particolare su pensionamenti, turnover ed eventuali esuberi. In questo modo il quadro che emerge risulta assolutamente infondato». Critico anche l’ex ministro del lavoro Cesare Damiano (Pd). «Le voci che si inseguono sono preoccupanti», ha commentato. «È da tempo che il commissario dichiara di voler fare un nuovo intervento sulle pensioni dimenticando che il salasso, già praticato dal governo Monti per diminuire il debito, produrrà tra il 2020 e il 2060 un risparmio di oltre 300 miliardi di euro a seguito del brusco innalzamento dell’età pensionabile». E anche i sindacati sono sul piede di guerra. «Siamo i primi a dire che la spesa pubblica deve dimagrire e che la p.a. deve tornare in salute, ma per non far morire il paziente serve una terapia vera che lo rimetta in sesto: con meno livelli, meno dirigenti, meno sprechi e più investimento nelle competenze e nei giovani», osserva Giovanni Faverin, segretario generale della Cisl-Fp, il cui timore è che dietro il piano presentato dal supercommissario si celino ulteriori tagli lineari per la p.a. e gli enti locali. Sulla stessa lunghezza d’onda la Cgil. «Il pubblico impiego, oltre ad aver subito una cura da cavallo sotto il profilo delle retribuzioni, è stato ampiamente prosciugato, ed è destinato a scendere sotto la soglia psicologica dei 3 milioni di lavoratori», osserva Rossana Dettori, segretaria generale della Fp-Cgil. «Non capiamo davvero come si possa pretendere che le pubbliche amministrazioni siano in grado di assolvere alla propria funzione senza assumere giovani qualificati».
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