Una rivincita sui tagli del 2011, quando la manovra-bis di Ferragosto chiese a tutti gli enti territoriali, dai Comuni alle Regioni, una dieta che però finì per essere applicata solo agli enti più piccoli e vicini al rinnovo.
Tra i commi della nuova riforma, però, gli amministratori dei “mini-Comuni” (in Italia 85 municipi su 100 hanno meno di 10mila abitanti) ottengono più di una vittoria. A quelli fino a 3mila abitanti, prima di tutto, il testo approvato ieri al Senato consente il terzo mandato consecutivo ai sindaci, chiudendo così una battaglia decennale. Un altro successo è ottenuto dalle donne, perché da 3mila abitanti in su si fanno strada le «quote rosa» (nessuno dei due sessi può occupare una quota inferiore al 40%, e nella stragrande maggioranza dei Comuni questo significa dividersi a metà le cariche di assessore) che non sono riuscite per ora a sbarcare nelle liste elettorali per il Parlamento. Per chi siede alla Camera o al Senato (oppure al Governo) si riapre invece la possibilità di presentarsi alle elezioni nei Comuni fino a 15mila abitanti, perché cade l’incompatibilità che sbarrava la strada a partire da 5mila abitanti.
Nel rapporto fra i piccoli Comuni e i conti pubblici, del resto, i problemi non sono mai nati dalle indennità, ma dai costi della frammentazione su cui la riforma rilancia dopo gli sfortunati tentativi del passato. Le regole votate ieri provano a rimettere ordine nelle Unioni di Comuni, che dovrebbero raccogliere tutti i Comuni fino a 10mila abitanti (3mila in montagna), ma non rinuncia allo strumento alternativo della “convenzione”, che è più flessibile ma più difficile da controllare. Nelle unioni, poi, si potranno accentrare una serie di funzioni, dal responsabile anti-corruzione all’organo di valutazione. Alla stessa regola, però, rispondono anche le funzioni di revisione dei conti, che abbandoneranno i singoli Comuni e saranno svolte da un unico professionista nelle Unioni fino a 10mila abitanti e da un collegio di tre persone in quelle (eventuali) più grandi. Un sistema, questo, che può cancellare migliaia di incarichi da revisore: evidentemente la “rivincita” della politica è più urgente della rivincita dei controlli.
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