La forza della riforma della Pa non sta solo nell’attuazione in tempi certi e brevi del decreto ma anche negli accordi che dovranno esser siglati in Conferenza unificata per far camminare le nuove misure anche nelle autonomie. A partire dalla mobilità obbligatoria, prevista entro una distanza massima di 50 chilometri per le amministrazioni centrali dello Stato. «Noi punteremo a confermare quel limite geografico anche per la mobilità obbligatoria tra Comuni o Regioni diverse – spiega Angelo Rughetti, sottosegretario alle Semplificazioni e la Pa – anche perché questa riforma dovrà essere attuata in parallelo al riordino delle Province previsto dalla legge 56».
La legge Delrio (56/2014) prevede il varo entro l’8 luglio del Dpcm che fisserà i criteri generali per l’individuazione delle risorse umane e i dei beni strumentali che dovranno esser trasferiti dalla Province a Regioni, Comuni, Città metropolitano o Unioni di Comuni. Un decreto che dovrà essere adottato d’intesa con la Conferenza unificata: «Questo passaggio è cruciale e lo utilizzeremo per definire un modello di quella che dovrà essere la mobilità del personale tra gli enti locali – dice ancora Rughetti -. L’organicità della riforma che abbiamo messo a punto sta proprio qui: nella definizioni di piani industriali territoriali con cui andremo a ridefinire le articolazioni della Repubblica sui territori. E con gli accordi in Conferenza unificata definiremo i budget ottimali e fabbisogni del personale nelle singole amministrazioni».
Il decreto stanzia risorse per sostenere questo processo che, se non si realizzerà anche a livello territoriale dove è impiegato oltre il 40% dei dipendenti pubblici rischia di rimanere un esercizio limitato: «C’è la priorità dei settemila posti da coprire negli uffici giudiziari con personale delle Province – ricorda il sottosegretario – ma i casi di mobilità mancata da cui dobbiamo uscire sono tanti. Per esempio, nessun dipendente degli ospedali chiusi nel Lazio negli ultimi anni è ancora stato trasferito».
Da declinare con gli enti locali sarà, anche, la riforma della dirigenza. «In questa prospettiva – spiega Rughetti – la misura che prevede l’aumento dal 10 al 30% della possibilità di ricorrere a incarichi dirigenziali esterni e la loro durata va letta nella prospettiva della delega: per tutti i dirigenti interni e esterni, a regime, la durata sarà di tre anni più tre per lo stesso incarico». Il decreto Pa è ancora all’esame della Ragioneria generale dello Stato per le verifiche tecniche, indispensabili per l’invio formale alla firma del Colle. La sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è attesa entro la fine della settimana. Dopo quel passaggio si conosceranno, con la relazione tecnica, le quantificazioni in termini di risparmio determinato per cittadini, imprese e casse dello Stato, visto che il decreto, come ha detto due giorni fa Pier Carlo Padoan, «deve essere letto come un’ulteriore attuazione della spending review».
Angelo Rughetti anticipa una cifra dei risparmi da cui si parte: «Siamo oltre il mezzo miliardo, ma si può anche salire». Il sottosegretario enumera le principali misure di minor spesa certa «in attesa della Bollinatura della Ragioneria». C’è il taglio del 50% dei diritti annuali dovuti dalle imprese alle Camere di Commercio, che vale da solo 400 milioni, il taglio degli onorari agli avvocati dello Stato, più di 60 milioni, il dimezzamento dei permessi e dei distacchi sindacali, altri 60 milioni, l’unificazione della scuole di formazione, che darà risparmi pari al 20% della spesa complessiva attuale (non meno di 8 milioni). «L’elenco della misure che daranno risparmi continua e stiamo aspettando le quantificazioni – dice ancora Rughetti – basti ricordare la stretta sulle spese per attività strumentali delle Authority indipendenti, il taglio ai diritti di rogito dei segretari comunali, il taglio ulteriore del 10% alla consulenze».
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