Per entrare a far parte dei «soggetti aggregatori», via obbligata per gli acquisti di beni e servizi da parte dei Comuni non capoluogo a partire dal 1° gennaio prossimo, occorrerà dimostrare di aver pubblicato, negli ultimi tre anni, bandi con importi di base superiori alla soglia comunitaria (204mila euro) per almeno 200 milioni di euro, senza mai scendere sotto a un ritmo da 50 milioni all’anno. Se rispondono a questi requisiti, potranno aspirare al ruolo di «soggetti aggregatori» anche le Province e le Città metropolitane, le associazioni, unioni, consorzi e convenzioni tra enti locali: nel caso di Città metropolitane e Province, la verifica del valore dei bandi nell’ultimo triennio riguarderà gli enti locali che fanno parte dell’area territoriale dell’ente attuale. A stabilire i requisiti per le centrali uniche di committenza è il Dpcm attuativo delle nuove regole, scritte all’articolo 9, comma 2 del decreto 66/2014. Il provvedimento ha completato l’esame in Conferenza Stato- Città ed è in corso di emanazione, insieme a un Dpcm parallelo che istituisce il «tavolo tecnico dei soggetti aggregatori», coordinato dal ministero dell’Economia e formato anche dai rappresentanti di Palazzo Chigi, Anci, Upi e Regioni, oltre che da un componente per ciascun soggetto aggregatore compreso nell’elenco definitivo.
I due provvedimenti sono il tassello essenziale per provare a far partire davvero la centralizzazione degli acquisti (il passaggio «da 32mila centrali di committenza a 35», per ricordare la parola d’ordine del commissario alla spending review, Carlo Cottarelli), prevista fin dal decreto «Salva-Italia» di fine 2011 e poi costantemente prorogata proprio perché non era stato preparato il terreno per l’attuazione. In questo quadro, il decreto Irpef di aprile aveva tentato un’accelerazione che aveva finito per bloccare il sistema degli appalti, sfociando quindi nell’ennesimo rinvio (articolo 23-ter del Dl 90/2014) che ha spostato al 1° gennaio il debutto dei nuovi obblighi per gli acquisti di beni e servizi e al 1° luglio la centralizzazione degli appalti di lavori. Una guida operativa, disponibile sul sito dell’Anci, indica agli enti locali tutte le scelte operative possibili a seconda dei vari tipi di acquisti.
L’emanazione del Dpcm è attesa a breve, anche perché dopo questo primo passo l’Autorità nazionale anticorruzione dovrà indicare in un proprio provvedimento le modalità operative per presentare la richiesta di far parte dell’elenco: a questo punto, gli aspiranti «soggetti aggregatori» avranno 45 giorni di tempo per bussare alle porte dell’Autorità e chiedere si essere inseriti in elenco. Verificate le domande, l’Anac stilerà l’elenco dei soggetti aggregatori, secondo un ordine decrescente in base al valore complessivo dei bandi realizzati da ciascuno nel triennio di riferimento, fino ad arrivare al numero massimo di 35. Per partire davvero entro il 1° gennaio, come prevede il calendario attuale per quel che riguarda gli acquisti di beni e servizi, i tempi, insomma, sono stretti.
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