L’acquisizione di lavori, servizi e forniture di beni mediante un modello organizzativo che faccia leva su una centrale unica di committenza può essere realizzata dai Comuni non capoluogo con una convenzione in forma associata, anche utilizzando lo schema predisposto dall’Associazione nazionale comuni italiani.
La disposizione del decreto legislativo 163/2006 (riformulata dalla legge 89/2014) individua una serie di soluzioni operative che gli enti possono scegliere, delineando anche la possibilità di un «accordo consortile».
Questa definizione contenuta nella norma (replicante quella esistente nella versione precedente) è stata peraltro interpretata come espressione atecnica, con la quale il legislatore ha voluto genericamente riferirsi alle convenzioni definibili in base all’articolo 30 del decreto legislativo 267/2000, come strumento alternativo all’unione dei Comuni (Corte dei Conti, sezione regionale di controllo Umbria,
deliberazione 112/2013/Par del 5 giugno 2013;
sezione regionale di controllo Lazio, delibera 138/2013/Par del 26 giugno 2013).
La possibilità per i Comuni di avvalersi dei «competenti uffici», sottintende la volontà di non dare vita a un organismo autonomo rispetto agli enti stipulanti.
Inoltre, a fronte dei vincoli previsti dall’articolo 2, comma 28 della legge 244/2007 e dei divieti dettati dall’articolo 2, comma 186 della legge n. 191/2009, le amministrazioni comunali non possono costituire consorzi di funzioni.
Rispetto a questo quadro, quindi, l’accordo consortile è traducibile operativamente come una convenzione per la gestione associata in base all’articolo 30 del decreto legislativo n. 267/2000.
Per sostenere i Comuni nell’organizzazione del modello di centralizzazione degli acquisti in forma aggregata, l’Anci ha elaborato uno schema di convenzione (accompagnato da una guida esplicativa, che ne illustra la natura e alcuni aspetti operativi), che è stato inviato ieri a tutte le amministrazioni.
Lo strumento pattizio è strutturato in base all’assetto previsto dall’articolo 30 del decreto legislativo 267/2000 e presenta una serie di varianti, adattabili dai Comuni che intendono utilizzarlo, riferite alle due soluzioni previste dalla disposizione del Tuel: l’ufficio comune o l’ente capofila.
Il quadro degli elementi principali della convenzione propone anche una possibile distribuzione delle attività tra i singoli Comuni aderenti e la struttura organizzativa configurata come centrale unica di committenza, nella quale saranno chiamate a operare risorse umane qualificate appartenenti ai vari Comuni associati.
Il processo di affidamento è invece poggia invece sul riparto di competenze tra il responsabile del procedimento e il responsabile della “centrale” di acquisto, con una serie di indicazioni di dettaglio che distinguono le parti della procedura di competenza di ciascuno.
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