La riforma del catasto è già fuori tempo massimo

Immobili. I giorni a disposizione a partire dal 20 febbraio sono troppo pochi per i due passaggi e il governo sarebbe costretto ad accogliere tutte le condizioni poste dalle commissioni parlamentari

Il Sole 24 Ore
3 Febbraio 2015
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La riforma del catasto avrà bisogno di una proroga: non sarebbe materialmente possibile fare i due passaggi tra Governo e commissioni parlamentari nei pochi giorni dal 20 febbraio al 26 marzo. Come aveva spiegato il presidente della commissione Finanze della Camera, Daniele Capezzone, «il termine di 30 giorni per l’espressione del parere scadrebbe il 22 marzo; le Commissioni sarebbero costrette a esprimere il parere entro i 30 giorni, senza poter chiedere la proroga di 20 giorni prevista; e infine il Governo sarebbe verosimilmente costretto a recepire tutte le osservazioni e condizioni formulate nei pareri», dato che non ci sarebbe tempo per un secondo passaggio.È evidente che questa situazione non può andar bene né al Governo né al Parlamento.

Il decreto sul Catasto, infatti, si presenta come uno dei più discussi: a meno di ripensamenti dell’ultima ora, lo schema che si avvia a venire presentato al Governo (e alle Commissioni) prevede alcuni punti che cozzano con la delega o quanto meno creano una certa diffidenza. A cominciare dalla formazione delle zone sulle quali costruire le «funzioni catastali» che serviranno a definire i nuovi valori patrimoniali e locativi di 63 milioni di immobili: attualmente, su ammissione della stessa agenzia delle Entrate, nelle 30mila microzone disegnate dallo stesso catasto non esistono abbastanza dati per elaborare funzioni statistiche serie. La soluzione proposta, quindi, e quella di allargare (addirittura sino al livello dei confini di una provincia in casi estremi) il territorio su cui “lavorare”, con evidenti effetti distorsivi davvero difficili da eliminare con altri correttivi statistici. L’ipotesi di un così ampio dominio dei numeri,a partire da una casistica necessariamente ristretta di case-campione, ha suscitato molte perplessità tra i parlamentari e aperta ostilità tra i proprietari immobiliari. 
La mancanza di dati deriva dalla scelta delle Entrate di basarsi solo su quelli desumibili dagli atti di compravendita, che proprio negli ultimi anni sono molto diminuiti, del 24%, a causa della crisi immobiliare e in 5.158 Comuni, cioè in quasi il 64% dei casi, ci sono state meno di 100 transazioni.

E non sarà questo il solo ostacolo sulla via della riforma (che per ora ha partorito solo il decreto sulla formazione delle commissioni censuarie). Nella delega, infatti, spiega il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, si dà per scontato che la notificazione di nuove rendite e valori si faccia ordinariamente mediante affissione all’albo pretorio e parallelamente autorizza il Governo a prevedere forme di notifiche integrative, anche in deroga a quelle ordinarie (previste dalla legge 342/2000). Ma la norma generale di cui si autorizza la deroga non indica come mezzo di comunicazione l’affissione all’albo pretorio bensì la notifica personale al soggetto interessato. Si prevede allora una doppia deroga: quella comunicazione che per legge doveva essere fatta personalmente all’interessato con formale notifica diventa legittima non solo se si effettua mediante affissione a un albo pretorio, ma anche se viene indirizzata attraverso altri mezzi di comunicazione, anche collettivi e telematici, non meglio identificati. «Ci sono perplessità sul piano costituzionale – dice Colombo Clerici – . L’accesso on line ai provvedimenti modificativi delle rendite catastali non può essere un mezzo di conoscenza adottabile per tutti i soggetti proprietari di immobili sul territorio statale: richiede, infatti, disponibilità di strumentazione e conoscenze informatiche che non si può pensare possiedano tutti».

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