La disparità di trattamento è uno dei vizi ricorrenti nell’applicazione delle leggi che si susseguono, anche nel breve periodo. Specie di quelle che hanno il fine di sanare qualche scempio o graziare qualche comportamento non corretto. Avviene spessissimo in favore di chi esercita (male) il governo della spesa pubblica, consapevole che ci sarà sempre qualcuno a sollevarli dalle responsabilità.
Una diversità di trattamento s’incontra tra gli esiti del predissesto e quelli dello «sblocca-debiti» (Dl 35 e 66/2014) e della nuova regolazione introdotta dal Dlgs 126/2014, ritoccato dalla legge di stabilità 2015.
La prima offre l’occasione a Comuni e Province di risolvere la precarietà strutturale dei propri bilanci attraverso una procedura di riequilibrio della durata massima di dieci anni, assistita da un finanziamento infruttifero di eguale durata. La seconda ha consentito di saldare i debiti di fornitura, esistenti al 31 dicembre 2012 poi estesi alla fine dell’anno successivo, mediante l’accensione di mutui onerosi presso la Cdp con un ammortamento trentennale. La terza ha attribuito la facoltà agli enti soggetti all’obbligo di armonizzare i loro bilanci e uniformare le loro contabilità di farsi perdonare le loro magagne ammortizzando l’effetto negativo prodotto in 30 anni, senza rispondere in termini di responsabilità.
L’agire legislativo, dimostrativo di uno scoordinamento inimmaginabile nel raggio di appena due anni, ha determinato un enorme disagio nei destinatari dei singoli provvedimenti “agevolativi”.
Molti Comuni, perché aderenti alla proceduta di riequilibrio pluriennale, si troveranno ad avere assunto l’onere – sanzionato in difetto con la dichiarazione di dissesto – di portare a buon fine il piano di rientro nei dieci anni previsti, senza potere godere della facilitazione trentennale godibile da tutti i loro omologhi. Tutto questo creerà difficoltà agli enti “predissestati” e ingiusti disagi fiscali ai cittadini. Questi ultimi saranno costretti a sopportare per un decennio una pesante imposizione dei tributi locali, indispensabili per il risanamento del buco, distribuiti in dieci anni anziché spalmati in 30. Ora le norme andrebbero riparate consentendo a tutti lo stesso trattamento; renderebbero più giustizia al sistema e ai cittadini:
a) la revocabilità del predissesto, quantomeno una tantum, che consentirebbe il ricorso al più facile ammortamento trentennale del disavanzo di amministrazione accertato, utilizzando a tale scopo ogni dismissione immobiliare (si veda Il Sole 24 Ore del 5 febbraio);
b) la modifica della disciplina del dissesto, sì da renderlo funzionale al risanamento e, contemporaneamente, all’introduzione di una cultura amministrativa non più generatrice dei danni oggi “in riparazione”.
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