La «tabella di equiparazione» che mette a confronto i livelli di inquadramento del personale nei diversi comparti del pubblico impiego è pronta, e sta per essere pubblicata. Si elimina in questo modo uno degli ostacoli che finora ha frenato la mobilità, anche volontaria, dei dipendenti pubblici.
L’annuncio arriva dal ministro della Pa e della semplificazione, Maria Anna Madia, che ieri è intervenuta al convegno sulla «Pa che vogliamo» organizzato dalla Sda Bocconi. Sulla riforma della Pubblica amministrazione che ora sta affrontando il primo passaggio in Senato (nei prossimi giorni riprenderà la discussione in commissione Affari costituzionali) il ministro dice di prevedere tre letture, che comunque dovrebbero concludersi «entro l’estate. Nel frattempo – ha aggiunto Madia – stiamo scrivendo i decreti attuativi, per fare in modo che in un mese dall’approvazione della delega si possa partire davvero».
Proprio l’attuazione, del resto, rappresenta spesso la fase più delicata delle riforme, e la vicenda della tabella di equiparazione lo dimostra in modo chiaro. A promettere questo strumento, indispensabile per avviare davvero una mobilità “ordinata” fra i diversi comparti della Pubblica amministrazione, è infatti il capitolo precedente nella lunga storia delle riforme della Pa, quello scritto da Renato Brunetta. Prevista dal 2009 (il decreto attuativo della riforma Brunetta l’ha inserita all’articolo 29-bis del Testo unico del pubblico impiego, il Dlgs 165/2001), la tabella è però rimasta “in sonno” anche per il complicatissimo iter che avrebbe dovuto generarla tramite Dpcm dopo aver sentito i sindacati e ottenuto il parere della Conferenza unificata. Il decreto Pa della scorsa estate (Dl 90/2014, articolo 4, comma 3) l’ha rilanciata prevedendo che, in caso di mancato accordo, avrebbe provveduto direttamente il ministero della Pa, di concerto con l’Economia: ora anche Via XX Settembre ha dato il via libera, e la tabella dovrebbe vedere la luce a giorni.
Il passaggio è importante soprattutto in tempi di rilancio della mobilità: questo strumento è considerato strategico dal Governo per attuare la riforma delle Province (entro il 31 marzo dovrebbero essere individuate le «eccedenze» di personale negli enti di area vasta), ma anche per riformare a regime la Pubblica amministrazione. «La riforma – nelle intenzioni del ministro – vuole disegnare una Pubblica amministrazione unita, perché non si deve essere dipendenti e dirigenti di questo o quel ministero, ma della Repubblica»; sempre che si superino le tante resistenze che, fra le altre cose, fino a oggi hanno impedito anche solo di ridurre il numero dei comparti.
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