Multe in calo, ma Milano incassa sempre di più

Gli introiti totali dei Comuni scendono del 12,4% nel 2014 – Il capoluogo lombardo raccoglie 140 milioni (+6%)

Il Sole 24 Ore
2 Marzo 2015
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Mai così basse. In un panorama di tasse e tariffe locali che crescono anche per tamponare i tagli a ripetizione assestati dai vari governi degli ultimi anni, c’è una voce dei bilanci comunali che nel 2014 ha raggiunto il minimo storico: si tratta degli incassi da multe.

Il dato può stupire molti, a partire dai lettori che abitano a Milano o che ogni giorno arrivano da fuori passando attraverso le forche caudine degli autovelox disseminati nelle principali vie d’accesso alla città. Milano, infatti, è l’unica grande città in controtendenza, e nel 2014 ha consolidato il proprio primato di metropoli delle multe aumentando del 6,2% gli incassi rispetto allo scorso anno. Firenze, regina in passato, si allontana un po’, con incassi in flessione del 3,5% mentre il -30,8% registrato a Bologna allontana il capoluogo emiliano dal terzo posto, soppiantato da Parma che perde un po’ meno (-9,4%). Il punto chiave però è un altro: i segni meno che caratterizzano la stragrande maggioranza dei Comuni, e che portano appunto gli incassi complessivi da multe al minimo storico degli ultimi anni. Nel 2014 i sindaci, da Roma al più piccolo Comune, hanno incassato dagli automobilisti 1,204 miliardi, cioè il 12,4% in meno rispetto all’anno prima.

Gli anni d’oro per le casse locali, quando la strada dava una grossa mano per far quadrare i conti e finanziare qualche spesa in più, sono lontanissimi: tra 2010 e 2012 i verbali hanno prodotto in modo più o meno stabile 1,5 miliardi all’anno, cioè il 20% in più di quanto si riesce a raccogliere oggi, e dal 2008, cioè da quando esiste il cervellone del ministero dell’Economia che monitora in tempo reale le entrate e le uscite degli enti pubblici, non si era mai scesi così in basso, complice anche la riduzione del traffico dovuta alla crisi. E il futuro immediato non fa intravedere cambi di rotta: a gennaio, anzi, complice forse anche la gragnuola di tasse di fine anno che hanno ovviamente frenato la propensione a pagare da parte dei cittadini, divieti di sosta ed eccessi di velocità hanno prodotto versamenti per 38,6 milioni, cioè poco più della metà dei 71,4 milioni incassati dai Comuni nel gennaio 2014. Come mai?
Quando si parla di multe, il dato dal quale partire è rappresentato dallo sconto del 30% messo sul piatto a partire dall’autunno del 2013 per chi paga entro cinque giorni dall’arrivo del verbale. Nelle intenzioni di chi l’ha pensata, questa regola avrebbe finito per far accelerare i pagamenti sulla base del presupposto che gli automobilisti, invogliati dallo sconto, si sarebbero presentati puntualmente alla cassa per ottenere lo sconto; in questo modo, non sarebbero rimasti in attesa delle sollecitazioni successive, e non avrebbero messo alla prova una macchina della riscossione che nelle incertezze normative di questi anni rischia di incagliarsi sempre più spesso (si veda a pagina 2).

I numeri, però, dicono che tutto questo non è avvenuto. In una manciata di città, in effetti, si è registrata un’impennata delle entrate, che in qualche caso ha permesso di risollevare un po’ performance di riscossione storicamente basse (per esempio a Reggio Calabria). Nella maggioranza dei casi, invece, è accaduto il contrario, con una dinamica che si può sintetizzare così: gli automobilisti più “fedeli” agli obblighi, quelli cioè che avrebbero pagato comunque, hanno colto l’occasione della nuova regola per sfruttare lo sconto del 30%, gli altri hanno scommesso invece sui buchi della riscossione.

Soprattutto in fatto di multe, infatti, questi buchi si sentono parecchio. Nel panorama generale di incertezza che accompagna la riscossione locale, appesa da ormai quattro anni a una riforma che non accenna a vedere la luce, proprio le multe rappresentano una delle voci più delicate, e non solo per la predisposizione ai mancati pagamenti più intensa rispetto a quanto accade per Imu, Tasi, Tari e altri protagonisti delle entrate comunali. I limiti alle azioni esecutive, che permettono di far scattare confische e pignoramenti solo dopo aver mandato due solleciti (ad almeno sei mesi di distanza fra di loro) se il debito è sotto i 2mila euro, hanno “graziato” quasi solo i debitori dei Comuni, perché in campo erariale le somme in gioco sono spesso più alte. 

Non solo: la rottamazione delle cartelle, che di proroga in proroga ha bloccato la riscossione nella prima metà del 2014, ha aggravato il problema, e la legge di stabilità 2015 ha messo sul tavolo un altro carico da 90; per provare a gestire la montagna di cartelle inviate fino al 2011 ma mai riscosse da Equitalia, la manovra ha scritto un piano straordinario che prevede il discarico automatico delle quote, cioè la rinuncia all’incasso, quando la somma in gioco non supera i 300 euro. Una mossa considerata necessaria per scalare una montagna di arretrati che si è gonfiata negli anni e che in tutto (debiti a Erario, Inps ed enti territoriali) vale 545 miliardi di euro; in questo modo, però, si è dato un nuovo messaggio sulla possibilità che le piccole cifre possano sfuggire alla rete degli incassi. 

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