I Comuni che non hanno perfezionato in tempo il loro piano di riequilibrio oppure che hanno registrato la bocciatura della Corte dei conti avranno una occasione in più per riapprovarlo entro il prossimo 30 giugno. A consentirlo è il Milleproroghe.
Due gli inconvenienti: un fondo di (non) rotazione prosciugato dalla mancata reintegrazione degli enti locali che ne hanno goduto dal 2012 in poi, e il poco tempo a disposizione per il riaccertamento dei residui, propedeutico all’introduzione della contabilità finanziaria potenziata. Un adempimento da perfezionare entro il 30 aprile e da implementare entro il successivo 14 giugno per quel che riguarda l’individuazione delle necessarie coperture del disavanzo da residui determinatosi.
Dunque, per gli enti che hanno optato oppure che opteranno per la procedura pluriennale di riequilibrio delle loro disastrate finanze ci sarà una difficoltà in più nell’adempiere agli obblighi dettati dalla disciplina introduttiva della contabilità armonizzata. Tante le contraddizioni da superare e non pochi i corti circuiti che si determineranno.
A tutto questo ha tentato di mettere riparo, quantomeno sul piano enunciativo, la Sezione delle autonomie della Corte dei conti (delibera 4/2015). La necessità di coordinare le attività dettate dall’una con gli obblighi imposti dall’altra; l’esigenza di aggiornare le previsioni dei piani di rientro in itinere, ove per aggiornare deve intendersi la loro completa rivisitazione; i limiti che presenta una rimodulazione di questo tipo, attesa la necessità di aumentare le risorse e di diminuire le uscite nella verosimile ipotesi di una consistente emersione del disavanzo da residui derivanti dagli esiti della ulteriore procedura di riaccertamento e della loro traduzione in crediti e debiti sono alcune delle perplessità sollevate dal magistrato contabile.
Nei confronti di queste difficoltà i Comuni dovranno misurarsi e trovare le opportune soluzioni. Una certezza su tutte. Per i piani di rientro approvati e in itinere dovrà esserci un nuovo esame estimativo ministeriale e delle Sezioni regionali di controllo, stante il perdurare della sua originaria previsione normativa.
A proposito, considerate queste modifiche intervenute in corso d’opera, che stanno riducendo la disciplina specifica peggio dell’abito di Arlecchino, sarebbe forse utile intervenire con provvedimento d’urgenza a ridosso delle scadenze appena ricordate, che sono oramai prossime. Non può farsi a meno di rendere revocabile l’originaria adesione al piano di riequilibrio tanto da facilitare la scelta tra la soluzione di ieri con quella di oggi che offre a tutti i comuni, tranne quelli già aderenti al piano di rientro, di risanare i propri bilanci in un trentennio e non già in un decennio. Una occasione legislativa, da perseguire con la decretazione d’urgenza, che potrebbe essere funzionale a ridare fiato, magari rivedendone la ratio e la disciplina, a quel dissesto oramai messo da parte anche a causa di una giurisprudenza buonista delle Sezioni Riunite che hanno perdonato tanti di quei Comuni sindacati negativamente dalle sezioni regionali di controllo competenti.
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