Mobilità, tutto a Orlando

Dpcm della Funzione pubblica con i criteri per accedere al Fondo

Italia Oggi
24 Marzo 2015
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Sarà il ministero della giustizia a utilizzare prevalentemente nel 2015 i fondi per incentivare la mobilità dei dipendenti della p.a. È quanto prevede l’atteso dpcm di definizione dei criteri di utilizzo e modalità di gestione delle risorse del fondo previsto dall’articolo 30, comma 2.3, del dlgs 165/2001, pensato per incentivare la mobilità obbligatoria.

Il dpcm definisce le varie tipologie di mobilità (vedi tabella qui a fianco) e indica tre ipotesi pere utilizzare il fondo di incentivazione: nei casi in cui lo prevedano specifiche disposizioni di legge; nell’ipotesi di «mobilità funzionale»; nelle ipotesi di «mobilità volontaria» e «mobilità obbligatoria», purché riconducibili alla fattispecie della mobilità neutrale per la finanza pubblica e finalizzate a rimediare a conclamate situazioni di carenza d’organico dell’amministrazione ricevente.

L’articolo 3 del dpcm stabilisce che le amministrazioni per accedere al fondo per la mobilità dovranno specificare nel bando che intendono avvalersene; gli enti che daranno il nulla osta ai dipendenti interessati dovranno, a loro volta, impegnarsi a versare al fondo le risorse corrispondenti al 50% del trattamento economico spettante al personale che sarà trasferito. Il bando dovrà inoltre indicare, che la conclusione della procedura di mobilità è condizionata dall’effettiva corresponsione all’amministrazione delle risorse del fondo per la mobilità.

Le amministrazioni dovranno versare la quota di loro spettanza al capitolo n. 3606 di capo X dell’entrata del bilancio dello Stato. Il versamento sarà pari al 50% del trattamento economico spettante a ciascun dipendente trasferito, al lordo degli oneri ed imposte a carico dell’amministrazione. In mancanza, si provvede con contestuale riduzione dei trasferimenti statali. Rimangono acquisite al fondo le risorse che si rendono disponibili all’atto della cessazione dal servizio del personale trasferito a valere sul fondo medesimo. I versamenti dovranno essere effettuati entro il 30 giugno di ogni anno. Il dpcm non chiarisce un punto importante: se, cioè, il contributo al fondo costituisca per le amministrazioni di provenienza dei dipendenti spesa di personale. Saranno il dipartimento della funzione pubblica e il dipartimento della Ragioneria generale dello stato a valutare le richieste di accesso al fondo e ad autorizzarle.

Ma, come detto sarà il ministero della giustizia a fare l’asso piglia tutto, perché l’articolo 3, comma 4, del dpcm dispone che «in sede di prima applicazione il fondo per la mobilità finanzia prioritariamente, in via di anticipazione, la mobilità degli uffici giudiziari e quella connessa all’applicazione della legge n. 56 del 2014».

Il fondo avrà una dotazione a regime di 30 milioni. Troppo poco, a ben vedere, per sostenere efficacemente la spesa delle amministrazioni, ai fini della mobilità dei dipendenti delle province: i 20 mila sovrannumerari, infatti, hanno un costo complessivo superiore agli 800 milioni. Per altro, nel caso della mobilità dei dipendenti provinciali l’articolo 1, comma 425, della legge esclude che le amministrazioni provinciali effettuino i versamenti per cofinanziare il fondo. A proposito di legge Delrio, il dpcm non sembra di particolare utilità per la ricollocazione dei dipendenti soprannumerari delle province. Non risulta, infatti, ben chiaro a quali tipologie previste dal decreto appartenga la procedura di mobilità prevista dalla legge 190/2014: potrebbe rientrare tra quelle espressamente previste dalla legge; oppure potrebbe trattarsi quelle mobilità, sia volontarie che obbligatorie che implicano, per l’amministrazione ricevente, un consistente numero di assunzioni non sorretto da sufficienti disponibilità finanziarie. Però, le mobilità dei dipendenti provinciali in sovrannumero sono indirettamente configurate, dalla legge di stabilità, come «da finanziare con le risorse per le assunzioni», visto che le amministrazioni imputano tali mobilità alle risorse del turn over. Questa configurazione, tuttavia, a sua volta non appare soddisfacente, perché il dpcm considera mobilità «da finanziare con le risorse per le assunzioni» quelle che avvengono tra enti almeno uno dei quali non è soggetto a limitazione delle assunzioni; ma, le province sono certamente soggetti a limitazioni delle assunzioni, sicché le mobilità dei dipendenti provinciali verso regioni e altri enti locali e la quasi totalità dei ministeri appare, ai sensi del Dpcm una mobilità «neutrale».

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