Prima un po’ di polemica, con il premier Matteo Renzi che si dice pronto a un «confronto all’americana» con i sindaci «perché ho fatto sia il presidente della Provincia sia il sindaco quindi un po’ i bilanci locali li conosco», e poi la temperatura scende con la promessa di un incontro prima del varo del Def nel consiglio dei ministri di venerdì. «Quelle di Renzi sono affermazioni importanti che vanno incontro alle esigenze dei Comuni – spiega il presidente dell’Anci Piero Fassino riferendosi alle rassicurazioni governative sull’”assenza” di nuovi tagli -; ora è urgente il decreto enti locali per risolvere le questioni ancora aperte sui bilanci 2015».
Già, perché nel battibecco fra Governo e sindaci che ha preceduto il consiglio dei ministri di oggi non è mancato qualche tratto reso caotico da problemi di calendario. Il Documento di economia e finanza guarda per sua natura al futuro, all’orizzonte del 2016-2018, mentre i tagli che agitano gli amministratori locali sono quelli sul 2015, prodotti dall’ultima legge di stabilità e dalle “code” delle manovre precedenti. Caso vuole, però, che i decreti attuativi con cui si distribuiscono questi sacrifici fra le varie amministrazioni locali arrivino proprio in questi giorni, dopo il confronto avvenuto la scorsa settimana in Conferenza Stato-Città.
I primi numeri emersi sono quelli relativi a Province e Città metropolitane, con l’assegnazione di una stretta da 744 milioni alle Province e da 256 milioni di euro alle Città metropolitane (si veda Il Sole 24 Ore di sabato 4 aprile). Assegnati in base a un complesso meccanismo che incrocia le capacità fiscali dei territori e i «costi efficienti» calcolati da Sose per le singole attività, questi tagli colpiscono in maniera molto diversa da caso a caso: alla Città metropolitana di Firenze, per esempio, la manovra impone una sforbiciata del 30% rispetto ai livelli medi di spesa corrente registrati nel 2010-2012, e lo stesso accade a Province come Padova, Verona, Prato, Monza o Avellino, mentre a Milano la limatura non arriva al 7 per cento. Sul punto, la chiusura di Renzi è per ora totale perché, ha sostenuto ieri in conferenza stampa il premier, «abbiamo semplicemente allineato le risorse alle funzioni, che sono state ridotte». «Niet» anche sulla possibilità di togliere alle Città metropolitane le sanzioni per il Patto sforato dalle vecchie Province (problema che riguarda anche Torino, come ha voluto ricordare ieri Renzi rivolgendosi a Fassino). Nella Stato-Città della scorsa settimana sono passati anche i metodi di riparto dei tagli 2015 ai Comuni, da tradurre in decreto in questi giorni. Sul versante comunale, i sindaci continuano a chiedere la replica del fondo Tasi da 625 milioni di euro, che l’anno scorso ha aiutato 1.800 Comuni a chiudere i conti mettendo anche qualche detrazione sull’abitazione principale.
Con tutto questo, però, il Def non c’entra molto. Al capitolo enti locali, le prospettive indicate dal Documento di economia e finanza puntano soprattutto sui tagli alle società partecipate, anche sulla base del fatto che, sostiene Renzi, «è un dato di fatto che la spending debba continuare». Ma questa è un’altra partita, che si giocherà con la riforma Madia e con la manovra del prossimo autunno.
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