Colpisce vedere in fondo alla classifica sul gradimento dei sindaci le prime città italiane, Bologna, Roma, Milano, Napoli. Le vetrine più guardate d’Italia sono quelle scese più in basso nei consensi, quelle che i cittadini considerano amministrate peggio. L’ennesimo segnale d’allarme per un Pd che affronta le prossime elezioni regionali tra inchieste e divisioni e che deve fare i conti anche con il “mito”, scalfito, della buona amministrazione di sinistra.
E colpisce anche che le grandi aspettative sui sindaci del Movimento 5 Stelle siano già appannate a Parma con Federico Pizzarotti ma soprattutto a Livorno, dove la delusione arriva addirittura a meno di un anno dalla vittoria di Filippo Nogarin. Si conferma invece il declino della rivoluzione arancione: con Napoli e Milano anche la Genova di Marco Doria perde quota. In fondo la disillusione è trasversale ed è lo specchio di un astensionismo in continua salita, anche nell’elettorato di sinistra, vera novità di questi ultimi tempi.
Una discesa verso gli inferi del consenso popolare che non può essere considerato un dato solo locale ma che è politico in senso proprio. Per le dimensioni o per la rilevanza economica, amministrativa o culturale e per la personalità dei sindaci. Parliamo di Ignazio Marino o Giuliano Pisapia e di Luigi De Magistris: leader politici, in qualche modo, non solo per la visibilità ma per la linfa che dovevano portare al mondo del centro-sinistra. Dovevano essere i portatori d’acqua, i primi cittadini in grado di ridisegnare – perfino – i confini della sinistra, di iniettare valori nuovi e invece falliscono sulla buona amministrazione vista da vicino.
Marino si ritrova all’82° posto: saranno gli scandali, certo, l’inchiesta mafia capitale ma non sembra sia solo quello. Il sindaco non è stato sfiorato dalla magistratura eppure non è stato premiato dai sondaggi svolti da Ipr Marketing e, dunque, il giudizio sembra davvero mirato al modo in cui sta amministrando Roma. E così Pisapia che resta sotto, al 67° posto, nonostante i grattaceli e l’Expo, deve dividere la posizione con i colleghi di Isernia e Frosinone e dopo il sindaco di Taranto che pure ha dovuto gestire un “macigno” che si chiama Ilva. Pisapia non si ricandiderà, una scelta già annunciata e messa in conto – senza alcuna attinenza ai sondaggi – ma il centro-sinistra dovrà ripartire da qui il prossimo anno.
E la ripartenza sarà perfino più faticosa a Bologna. Quello che era il fiore all’occhiello della sinistra, che ha ispirato il mito della buona amministrazione dal Pci alla Quercia fino al Pd, precipita in fondo alla classifica. Numero 98, dopo ci sono i sindaci di Crotone e Trapani a chiudere la lista. Virginio Merola, primo cittadino di Bologna, deve farsi carico di un risultato pessimo ma che diventa il capolinea di un progressivo sfilacciamento dell’amministrazione bolognese. Dalla vittoria di un uomo di destra Giorgio Guazzaloca, all’esperienza “interrotta” e senza ricandidatura di Cofferati – che preferì il seggio di Strasburgo – fino ai risultati di oggi. È evidente che c’è da ricostruire una classe dirigente politica nella culla ormai vuota della buona amministrazione emiliana.
Non si può parlare di un declino che riguarda il Pd tutto. La grandissima maggioranza delle città è guidata dal centro-sinistra, il primo della classe è un renziano doc, Dario Nardella da Firenze, che ha addirittura aumentato i consensi dal giorno della sua elezione, come Piero Fassino. Resta però il dato dello strappo, nelle grandi città, tra sindaci e cittadini. Quelle città che erano state trampolino di lancio per candidature nazionali, come Roma, diventano invece sabbie mobili. E le città finalmente conquistate, come Milano, deludono.
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