Incarichi dalla durata quadriennale e prorogabili di due anni «per una sola volta». È questa una delle ultime novità sulla dirigenza pubblica approvate ieri, dopo diversi restyling, dall’Aula del Senato che ha dato l’ok, con più di un ritocco, a tutti gli articoli della delega Pa tranne gli ultimi due sui quali è mancato il numero legale. Con la maggioranza che ha rischiato addirittura di andare sotto (si è salvata per un solo voto) su una modifica al capitolo dei servizi pubblici locali su cui il Governo era contrario. A meno di sorprese dell’ultima ora la riforma Madia riceverà questa mattina il sì finale di Palazzo Madama e passerà poi all’esame della Camera per il secondo via libera.
I dirigenti pubblici, anche con il passaggio dalla formula 3+3 anni prevista originariamente a quella 4+2 anni, potranno dunque mantenere l’incarico per non più di sei anni a meno di non passare per un nuovo concorso. E senza incarico, dopo un periodo di collocamento in disponibilità, decadranno dal nuovo Ruolo unico della dirigenza, come prevede l’articolo 9 votato ieri, diventando di fatto licenziabili. Per effetto delle ultime modifiche apportate al testo dal nuovo Ruolo unico presso la presidenza del Consiglio viene esclusa la carriera diplomatica. Stop, con un ritocco riformulato dal relatore Giorgio Pagliari (Pd), anche alla clausola che sanciva «il superamento degli automatismi nel percorso di carriera» della dirigenza pubblica. Novità anche sul versante della staffetta generazionale, in versione «ultra-soft», e del riordino del settore della ricerca.
Nel primo caso è passata la versione dell’emendamento (riformulato) di Hans Berger (Svp)che prevede un part time volontario per dipendenti vicini alla pensione che però sarebbero obbligati a pagare interamente l’onere contributivo a loro carico. Un obbligo, quella della contribuzione aggiuntiva, che depotenzia la misura. Che di fatto istituisce solo il principio della “staffetta”.
Sugli enti di ricerca, ha ricevuto l’ok un emendamento bipartisan (primo firmatario Fabrizio Bocchino del Misto), in versione riformulata per tenere conto anche dei paletti della commissione Bilancio, che, facendo leva su una delega da esercitare entro 12 mesi, è finalizzato a semplificare l’attività dei ricercatori negli enti pubblici. Con sullo sfondo l’obiettivo (non esplicitato nel testo finale) di definire uno status giuridico per i ricercatori pubblici. Il tutto senza nuovi oneri per le casse dello Stato.
In aula non sono mancati momenti di tensione. L’opposizione, M5S in testa, ha più volte puntato il dito contro presunti “pianisti” nel Pd. Sui servizi pubblici locali comunque è arrivato l’ok alle misure sull’acqua tenendo conto dei principi Ue e del referendum abrogrativo. Tra gli ultimi ritocchi approvati ieri, quello che apre una corsia preferenziale per le assunzioni dei vincitori di concorso. Via libera alla razionalizzazione e sfoltimento delle partecipate pubbliche. Disco verde a un emendamento a firma Linda Lanzillotta (Pd) che introduce criteri di nomina degli organi di controllo (in particolare i collegi sindacali) delle partecipate finalizzati a garantire l’autonomia rispetto agli enti proprietari. Cura dimagrante anche per le Camere di commercio, che dovranno scendere da 105 a non più di 60 con un minimo di 80mila imprese iscritte ma potranno sopravvivere nelle aree montane.
Dovranno essere poi ridotti i componenti dei consigli delle stesse Camere di commercio con tetti alle retribuzioni per i vertici degli organi delle società controllate (ritocco Pd). Taglio anche per le Prefetture (tenendo però conto delle aree confinarie con flussi migratori, come chiesto dal Pd) con la contestuale nascita degli Uffici territoriali dello Stato. Riordino o soppressione anche per gli enti inutili o in deficit. Fase transitoria di 3 anni prima dell’abolizione della figura dei segretari comunali e stretta sugli statali assenteisti facendo leva sulle azioni disciplinari e sulla costituzione presso l’Inps di un polo unico della medicina fiscale (per i controlli). Disco verde al rafforzamento dei poteri di controllo del premier sulle Agenzie fiscali e sulla nomine dei manager pubblici.
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