Il 2014 si è chiuso in flessione rispetto «al non già felice» 2013, sia per l’utilizzo degli impianti che per i fatturati; nei primi mesi di quest’anno vi sono «discrete aspettative sugli ordini», ma non supportate dall’aumento dell’utilizzo degli impianti «che sta a significare la prudente valutazione degli imprenditori», ha aggiunto Federighi. Anche perché il contesto non è dei più competitivi: «L’apparato della nostra burocrazia non è in grado di garantire l’ordinario flusso degli investimenti – ha spiegato il presidente – la distanza tra politica e realtà non ci deve far coltivare illusioni». Si è visto pure, secondo gli industriali pisani, con i primi bandi regionali pubblicati dalla Toscana per anticipare l’utilizzo della programmazione europea 2014-2020: «Resta l’incertezza sull’esito dei finanziamenti per i progetti presentati».
In questo quadro, aggravato dai grandi “mali” toscani come la debolezza infrastrutturale, il costo dell’energia e le difficoltà di accesso al credito, Federighi lancia tre proposte per aumentare la competitività operando su fattori interni: «Un patto con la Pubblica amministrazione per stabilire protocolli di sveltimento delle pratiche amministrative; l’allargamento del patto con le organizzazioni sindacali di Pisa per la ricerca di condizioni contrattuali di lavoro particolari; la destinazione delle risorse delle Camere di commercio al sostegno dell’export per un periodo definito».
«Solo se un imprenditore potrà disporre in tempi certi di strumenti che nel resto d’Europa sono di scontato accesso – ha concluso il presidente – potrà capire se impiegare una somma per produrre qui». La questione si lega alla crisi della Smith Bits di Volterra (Pisa), produttrice di punte per perforazioni petrolifere che fa capo alla multinazionale americana Schlumberger, che nelle settimane scorse ha avviato la mobilità per tutti i 193 addetti. Lo spiraglio che si era aperto con l’impegno dell’azienda a presentare un piano industriale che avrebbe salvato una parte dei dipendenti, sembra essersi richiuso dopo la decisione dei lavoratori di bloccare le merci in uscita dallo stabilimento, e quella della multinazionale di «metterli in libertà».
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