Centrali di committenza al palo

Appalti. Le proposte dei Comuni: operatività minima ai piccoli municipi, spazio alle unioni «dal basso»

Il Sole 24 Ore
8 Luglio 2015
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L’aggregazione delle stazioni appaltanti è ancora un cantiere aperto. Nonostante la sovrapposizione di interventi normativi degli ultimi anni, la complessa vicenda dell’accorpamento dei centri di costo della Pa fatica a trovare una composizione. È emerso con chiarezza nel corso di un incontro organizzato ieri mattina a Roma dall’Anci e dalla fondazione Ifel dove, oltre alle richieste dei Comuni, sono venute fuori le perplessità delle Regioni che, secondo le previsioni della riforma appalti in discussione alla Camera, in futuro dovranno farsi carico di tutte le gare sopra la soglia comunitaria (5,2 milioni per i lavori e 200mila euro per servizi e forniture). Un fardello troppo gravoso. Così, già si fanno ipotesi di modifica al Ddl delega uscito dal Senato. Il relatore del testo a Palazzo Madama, Stefano Esposito (Pd) lo ha ammesso: le norme sulle centrali di committenza possono essere migliorate. E Antonella Manzione, capo del Dipartimento affari giuridici di Palazzo Chigi, ha aggiunto: su soggetti aggregatori regionali e piccoli appalti l’assetto attuale lascia molti dubbi.

Le perplessità dei Comuni si concentrano su due punti. Il primo riguarda le norme in vigore, come spiega Stefano Lo Russo, presidente della commissione Lavori pubblici dell’Anci e assessore all’Urbanistica di Torino: «Attualmente i Comuni sotto i 10mila abitanti non possono appaltare da soli, anche al di sotto dei 40mila euro. Bisogna individuare una soglia di operatività minima». Per Guglielmina Olivieri Pennesi, responsabile dell’Ufficio lavori pubblici dell’associazione, «basterebbero anche 20mila euro». La norma che rivede tutto il sistema delle centrali al momento è sospesa fino al primo settembre. Il Ddl scuola dovrebbe prorogare il congelamento al primo novembre. Gli aggiustamenti andranno fatti prima della sua entrata in vigore.
Discorso simile per la riforma appalti. Qui si stabilisce che i Comuni non capoluogo dovranno ricorrere ad aggregatori di livello regionale al di sopra della soglia comunitaria. Sotto la soglia, ma sopra i 100mila euro, bisognerà affidarsi ad aggregazioni subprovinciali. Sotto i 100mila euro non ci sono limitazioni. Il timore dell’Anci, però, è che in fase di attuazione vengano posti vincoli ulteriori ai piccoli appalti, legando le amministrazioni mani e piedi. Serve, allora, un chiarimento. E, nella creazione delle centrali di committenza, bisognerà lasciare più spazio ai raggruppamenti nati dal basso.

Le soglie della riforma non piacciono nemmeno a Ivana Malvaso della Centrale di committenza della Regione Toscana: «Mi chiedo se gli uffici che dovranno svolgere queste funzioni saranno effettivamente in grado di occuparsene, dal momento che siamo in un periodo di ristrettezze per le Regioni». 

Tutte queste sollecitazioni non sono destinate a cadere nel vuoto. Lo ha spiegato Stefano Esposito: «Il compromesso inserito nella legge delega è frutto di un lungo lavoro. La soglia che fissa a 100mila euro per qualcuno è troppo bassa, mentre per altri è eccessiva. Personalmente, sono affezionato alla mia versione, ma ammetto che è un passaggio sul quale alla Camera ci potranno essere correzioni». A suggerire i possibili interventi è Antonella Manzione, che è anche a capo del tavolo che si occuperà di scrivere i decreti delegati. «L’impianto della riforma va bene, ma siamo sicuri che le Regioni siano in grado di farsi carico di tutti gli appalti sopra soglia? Mi chiedo se è stata fatta una quantificazione della loro capacità di gestione immediata delle procedure che gli potrebbero arrivare con la riforma». Allo stesso modo, andrà fatta una riflessione sulla questione degli appalti di importo minimo. «Non siamo stati in grado di rispondere alla richiesta dei piccoli Comuni di fare appalti sotto i 40mila euro. Dovremmo intervenire». Sullo sfondo, poi, resta il ruolo dell’Anac che, come spiega il consigliere Michele Corradino, si occuperà di «vigilare che le situazioni di potere e di monopolio in capo ai soggetti aggregatori non generino corruzione. In questo senso, sarà fondamentale la collaborazione con l’Antitrust».

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