La notizia positiva è che proprio in questi giorni stanno finalmente arrivando nelle casse delle imprese oltre 700 milioni di pagamenti in arretrato da parte di Comuni e Province. La notizia negativa è che ancora oggi, a distanza di oltre due anni dal varo dell’operazione sblocca-debiti, i crediti incagliati presso la pubblica amministrazione sono tantissimi: sfiorano i 900 milioni quelli più vecchi . A questa cifra il Governo ha preventivato di aggiungere altri 2,850 miliardi grazie al decreto enti locali varato a fine giugno con l’intenzione di chiudere (si spera definitivamente) questa brutta pagina. In tutto quindi quasi 4 miliardi (3,728 per l’esattezza) sono le stime degli arretrati da pagare (sui 36,5 saldati fino a gennaio).
Partiamo dai soldi appena sbloccati: 726 milioni di euro per Comuni e Province, «liberati» grazie al Patto verticale incentivato. Il calcolo arriva dall’ ufficio studi dell’Ance (associazione costruttori) che ha analizzato tutte le 18 delibere regionali, varate a maggio scorso, con i fondi sbloccati, Comune per Comune. È il solito paradosso del Patto di stabilità: i 726 milioni erano tutti in cassa , ma non potevano essere saldati ai creditori per via, appunto, dei vincoli del Patto.Ora invece sono spendibili senza incorrere in sanzioni e vanno a sanare i debiti maturati prima del 30 giugno 2014.
Il meccanismo utilizzato per allentare i cordoni della borsa è stato ancora una volta quello del Patto verticale incentivato. In pratica ogni Regione (tranne Val d’Aosta e Trentino Alto Adige che hanno un diverso meccanismo) ha ceduto ai propri enti locali i cosiddetti spazi di Patto (ovvero la possibilità di spendere). A spingerle un incentivo concreto molto «pesante»: gli spazi ceduti tornano indietro alle Regioni per l’83% come moneta sonante, sotto forma di contributo statale (peraltro a compensazione di altri tagli ai trasferimenti). A disposizione quest’anno c’erano, in tutto 1,2 miliardi di euro, come stabilito dalla legge di stabilità. Gli enti ne hanno «prenotati» 873 milioni, ma ne hanno ricevuti soltanto 722. Questo per via di alcune rigidità nel meccanismo: i fondi potevano andare per il 75% ai Comuni e per il resto alle Province, senza compensazioni tra l’uno e l’altra. E questo ha fatto sì che per alcuni la somma a disposizione fosse insufficiente e per altri eccessiva. Un paletto ora saltato con il decreto legge enti locali.
Ma il vero problema è che in cinque Regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia) la «domanda» ha superato di gran lunga l’«offerta». Ad esempio in Campania i Comuni avevano in cassa 194 milioni, quasi il doppio dei 108 effettivamente liberabili.
La ripartizione
A sorpresa, gli enti con disponibilità bloccate si trovano soprattutto al Centro-Sud (si veda la cartina). Il 48% degli enti del Sud ha fatto richiesta; a questi si aggiungono il 47% del Centro. Il problema degli arretrati tocca «solo» il 23% delle ammministrazioni del Nord. L’Ance ha contato ben 2.100 enti locali che hanno presentato richiesta di allentamento del Patto. «Il 35% – si legge nello studio – ha dichiarato di avere ancora debiti maturati più di 10 mesi fa bloccati» .
I debiti residui
A dimostrazione che il problema dell’arretrato non è affatto concluso ci sono anche le richieste monitorate da alcune Regioni per la seconda fase, ovvero per i debiti accumulati fino a dicembre 2014 e nel 2015. L’esempio più clamoroso è quello della Sardegna dove sono fermi 619 milioni, 32 volte la somma effettivamente liberabile. In Emilia Romagna «servono» 162 milioni a fronte dei 18 sbloccati ora. «Esempi che confermano ancora una volta – conclude la nota – la situazione di difficoltà provocata dal Patto di stabilità interno nel pagamento dei debiti di parte capitale da parte della Pa». E infatti il Patto resta la principale causa di slittamento dei pagamenti per il 73% dei costruttori, secondo l’ultima indagine congiunturale Ance. E, per vedere saldata una fattura nel primo semestre di quest’anno, servono 4 mesi oltre i termini di legge: 117 i giorni di ritardo, scesi solo di cinque rispetto al 2014.
A tentare di sanare questi squilibri interviene ora il decreto legge enti locali (si veda l’articolo in basso) che «riapre» il Patto incentivato allargandolo ai debiti maturati fino a dicembre scorso. Secondo le stime Ance in questo modo potrebbero tornare alle imprese circa 470 milioni.
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