Dopo che il decreto legge 78/2015 ha dato la possibilità, agli enti locali, di utilizzare anche i resti della «capacità assunzionale» provenienti dal triennio 2011-2013, ha tenuto banco la questione se queste risorse potessero essere utilizzate liberamente oppure se anch’esse fossero vincolate alla ricollocazione obbligatoria dei dipendenti in soprannumero provenienti dalle Province e dalle Città metropolitane.
La parola fine sembra essere arrivata con la Deliberazione n. 26/2015 della Sezione Autonomie della Corte dei Conti, nella quale si prevede la possibilità di assumere a tempo indeterminato utilizzando «la capacità assunzionale del 2014 derivante dalle cessazioni di personale nel triennio 2011-2013».
A questo punto, per gli enti locali, si apre un doppio binario. Da una parte, le quote assunzionali calcolate sulle cessazioni 2014 e 2015 (ovvero la capacità assunzionale degli anni 2015 e 2016), sono vincolate alla ricollocazione dei dipendenti degli enti di area vasta, mentre il turn-over residuo è libero da vincoli.
Per procedere in quest’ultima direzione, è innanzitutto necessario verificare l’ammontare dei resti, ricordando che le percentuali in vigore, per i Comuni soggetti al Patto di stabilità, erano le seguenti:
- 20% della spesa dei «cessati» nell’anno 2010;
- 40% della spesa dei «cessati» nell’anno 2011 e nell’anno 2012.
Dopo aver calcolato questo budget, vanno detratte tutte le assunzioni effettuate che hanno già eroso la capacità assunzionale. La quota rimanente è quella che la Corte dei conti definisce «libera» e che non è vincolata al riassorbimento dei dipendenti delle Province.
Problemi operativi
L’interpretazione dei giudici contabili lascia comunque qualche perplessità. Innanzitutto, questa conclusione sembra essere contraria con quanto indicato dalla Corte dei Conti Sezione Autonomie nella Deliberazione n. 19/2015, con la quale veniva sancito il principio che, in questo particolare contesto, è necessario agire prevedendo la massima capacità assunzionale verso i dipendenti degli enti di area vasta. Se così fosse, anche il turn-over degli anni precedenti avrebbe dovuto essere indirizzato a questa finalità.
In secondo luogo, vi è un problema operativo. Infatti, ammettendo che davvero i Comuni possano procedere ad assunzioni sulla base dei resti degli anni precedenti, prima di espletare un concorso è comunque necessario procedere, ai sensi dell’articolo 34-bis, del decreto legislativo 165/2001, alla verifica dei dipendenti in disponibilità della pubblica amministrazione. Già questo è strano, se pensiamo che agli enti locali, viene invece richiesto un “obbligo di solidarietà” prima di tutto con i dipendenti delle Province.
Ma non basta. Infatti, prima del concorso, è pure necessario svolgere le procedure di mobilità volontaria di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 165/2001, procedure che la stessa Corte dei Conti e la Funzione Pubblica hanno affermato essere inconciliabili con il comma 424 della legge 190/2014, in quanto comunque limitano il trasferimento dei dipendenti degli enti di area vasta. Sembra proprio un cane che si morde la coda e probabilmente si apre un ulteriore varco interpretativo per i prossimi mesi.
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