Del Rapporto Onu sulla corruzione si è parlato ieri al Centro Congressi della Banca d’Italia, con il ministro della Giustizia Andrea Orlando e il presidente dell’Anac (Autorità anticorruzione) Raffaele Cantone. Le conclusioni dell’Onu sono un buon trampolino di lancio per le misure in cantiere purché, ha osservato Visco nel suo indirizzo di saluto, si faccia anche «uno sforzo» per elaborare indicatori «il più possibile ancorati a evidenze oggettive piuttosto che unicamente legati alle percezioni» e si «migliori la capacità di comunicare e valorizzare i progressi ottenuti, anche sul piano internazionale oltre che su quello interno».
Il Rapporto, depositato a giugno, si riferisce al quinquiennio 2009-2013 e verifica lo stato di applicazione della Convenzione sul fronte legislativo, giudiziario e amministrativo. Segnala i progressi fatti con la legge Severino (190/2012) e con l’istituzione dell’Autorità anticorruzione, ma lì si ferma, salvo un riferimento, anch’esso positivo, a due provvedimenti successivi: il dl 90 del 2014 sui poteri all’Anac e l’aumento delle pene approvato con la legge n. 69 del 2015 sull’anticorruzione. Per Orlando, il Rapporto «promuove il lavoro del governo italiano» anche perché molte delle raccomandazioni – per esempio sull’autoriciclaggio, sugli sconti a chi collabora per denunciare la corruzione – sono già superate dall’approvazione di specifiche norme. Il nostro Paese «è considerato largamenta in linea con le disposizioni della Convenzione» dice Cantone, secondo cui «si fa fatica a trovare in interventi internazionali parole così positive per l’Italia»: sul cosiddetto all crimes approach, adottato nei confronti dei reati di riciclaggio, sulle misure in tema di responsabilità della persona giuridica, sull’ampio ambito di applicazione e sulle prassi in materia di confisca dei beni, sulla specializzazione della Guardia di finanza e sul coordinamento delle diverse forze di polizia nelle indagini, sugli sforzi per incoraggiare chi denuncia, prevedendo ad esempio uno statuto di protezione del whistleblower.
Restano comunque lacune da colmare. Il Rapporto segnala, tra l’altro, l’eliminazione della querela per i reati di appropriazione indebita e corruzione tra privati; l’introduzione di «attività sotto copertura» nelle indagini sulla corruzione; la mancanza di dati statistici sulle sanzioni disciplinari inflitte dalle amministrazioni pubbliche a seguito di casi di corruzione, che non consente di apprezzare il buon funzionamento dei meccanismi di controllo e degli strumenti sanzionatori adottati.
Giusto per «valorizzare» i «progressi», Orlando ricorda l’introduzione del voto di scambio politico-mafioso, il falso in bilancio («aperti a modifiche che dovessero rendere più efficace la fattispecie incriminatrice»), la legge sugli ecoreati e quella futura sulla prescrizione («che tiene conto della specificità» della corruzione, spesso scoperta dopo molti anni), la riduzione del contenzioso civile nonché il decreto sul tetto ai compensi per gli amministratori giudiziari di beni sequestrati (di cui Cantone rivendica la «segnalazione» da parte dell’Anac, «ben prima che scoppiasse il caso Palermo»). Il ministro insiste poi sull’urgenza della regolamentazione delle lobby e, con Cantone, sottolinea l’importanza che avrà l’approvazione del Codice degli appalti.
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