Primo si’ alla Carta autonomie

L’Aula della Camera ha approvato il disegno di legge che passa ora al Senato. I comuni tuonano: “Un testo inutile che speriamo che non si riveli addirittura dannoso”

andres 1 Luglio 2010
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L’Aula della Camera ha approvato ieri il disegno di legge che contiene la Carta delle autonomie locali. Il testo, passato con 281 voti a favore, 247 contrari e cinque astenuti, va al Senato. “Con il voto di questa mattina (ieri mattina, ndr), la Camera dei deputati, ha dato il via alla strada da percorrere per giungere all’adozione della Carta delle autonomie. Un importante e storico obiettivo della Lega Nord e del Governo”, afferma il Sottosegretario del Ministero dell’interno, Michelino Davico, secondo cui lo scopo della Carta è quello di “stabilire le funzioni fondamentali dei comuni e delle province, nonché riformare la struttura amministrativa dello Stato e delle regioni”. “È un importante impegno – conclude Davico – per fare chiarezza sulle competenze di autonomia e responsabilità delle attività pubbliche sul territorio”.
“Un provvedimento svuotato di contenuti innovatori, praticamente inutile e in qualche caso dannoso ai fini di un rafforzamento dell’autonomia degli enti locali”, controbatte Oriano Giovanelli, deputato Pd della Commissione affari costituzionali. “Questo Governo – prosegue – continua a sbandierare il federalismo come un feticcio ideologico e non perde invece occasione per colpire le regioni e offendere la capacità dei comuni e delle province di dare risposte ai cittadini alle famiglie e alle imprese. Questa poteva essere una grande occasione per riorganizzare la pubblica amministrazione renderla più semplice ed efficiente e invece non cambierà esattamente nulla. Quello che rimane di concreto sono ‑ conclude Giovanelli ‑ gli insostenibili tagli che la manovra economica prevede a carico delle regioni province e comuni e che i cittadini pagheranno pesantemente”.
“Con il voto di questa mattina (ieri mattina, ndr) la Camera ha dato il via libera ad un decreto che è pura e semplice finzione. Una sorta di spot elettorale pro-Lega che di fatto non smuoverà una virgola nella situazione di comuni e province”, fa eco in una nota Antonio Borghesi, vice capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera. “Rispetto alle intenzioni iniziali ‑ aggiunge Borghesi ‑ che prevedevano addirittura la riduzione delle province, ci troviamo di fronte ad un nulla di fatto. Questo testo lascia, infatti, la situazione degli enti locali quasi inalterata e quei pochissimi e non molto rilevanti cambiamenti previsti entreranno in vigore non prima dell’attuazione del federalismo”.
“Un testo inutile che speriamo che non si riveli addirittura dannoso”, è il giudizio del vicepresidente Anci e sindaco di Cosenza, Salvatore Perugini. “Il testo approvato – aggiunge – ha perso la sua funzione originaria che doveva essere quella di riordinare il sistema delle competenze sul territorio. Nel corso dei suoi molti ‘rimaneggiamenti’, durante i quali le reiterate richieste di approfondimento da parte di Comuni e Province non sono neanche mai state prese in considerazione, ha perso pezzi importanti e rinviato scelte fondamentali”. “Il giudizio finale – conclude Perugini – non può quindi che essere negativo: si tratta solo di un manifesto da affiggere che per i comuni non ha altro effetto se non quello di aumentare la burocratizzazione del sistema, ignorando totalmente l’art. 118 della Costituzione che assegna ai comuni la titolarità piena delle funzioni amministrative”.
Il provvedimento che come detto passa ora all’esame del Senato non prevede – ricordiamo ‑ la cancellazione delle mini-province, inserita con un emendamento in Commissione e poi eliminata in Aula. Sì, invece, al riordino delle prefetture. Su questo punto, dopo polemiche anche aspre, è stata trovata una mediazione fra maggioranza e Pd in base alla quale sulle prefetture si interverrà seguendo le scelte che saranno fatte sulle province: in sostanza, in caso di abolizione e accorpamento di alcune delle seconde, la stessa sorte toccherà alle relative prefetture.

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