Sarà più difficile (se non impossibile) lo scaricabarile tra amministrazioni locali entranti e uscenti. Arriva infatti “l’inventario di fine mandato” per i conti delle amministrazioni regionali, una sorta di check up delle condizioni di bilancio, fatto in particolare sul settore della sanità, che dovrà essere realizzato sei mesi prima delle elezioni. È la novità che sarà introdotta con uno dei decreti di attuazione del federalismo che il Governo sta approntando per la fine di luglio. La norma, oltre a dare maggiori elementi di valutazione agli elettori, avrà anche l’effetto di attribuire i risultati realizzati ai diversi amministratori, evitando polemiche e scaricabarile sulla responsabilità della gestione. La norma che introduce questa sorta di “due diligence” ([1]) aziendale sui conti delle regioni dovrebbe arrivare con il decreto sui cosiddetti “costi standard” che introdurrà strumenti di verifica soprattutto in campo sanitario. Su questo fronte si sta ipotizzando proprio il cosiddetto “inventario di fine mandato”. Sarebbe una dichiarazione certificata, da parte di organi di controllo interno, che rappresenta uno strumento di “rendicontazione d’uscita” del presidente della regione. In pratica una valutazione sui risultai prodotti dal governatore, che deve poi essere approvata dal consiglio regionale uscente sei mesi prima delle elezioni con l’obiettivo di informare gli elettori sulle reali condizioni della spesa sanitaria nella loro regione. Il decreto legislativo sui costi standard non è comunque l’unico in rampa di lancio. Altri quattro sarebbero in arrivo e serviranno ad accelerare sull’attuazione del federalismo: il primo è sui fabbisogni standard di comuni e province, il secondo sulla fiscalità propria dei comuni, il terzo sulla fisco provinciale, il quarto su Roma Capitale.
E sempre in tema di federalismo, gli uffici studi stanno producendo le prime elaborazioni sull’impatto delle nuove misure, in particolare la service tax, la nuova tassa che raggrupperà una serie di prelievi comunali, grazie alla quale ai sindaci arriveranno 16 miliardi di euro dai propri concittadini. E i maggiori vantaggi andranno ai comuni del Nord. Lo ha calcolato la Cgia di Mestre, proprio in vista dell’approvazione da parte del governo del decreto che rientra nel pacchetto di misure previsto dalla legge sul federalismo fiscale. “L’obiettivo è quello di dare una maggiore autonomia fiscale ai comuni – sottolinea la Cgia – per questo verrà introdotta una nuova imposta sugli immobili (escluse le prime case) che accorperà l’Irpef sulla casa, l’Ici, l’imposta ipotecaria, catastale e di registro, il cui nome esatto non è ancora noto, anche se secondo indiscrezioni potrebbe chiamata service tax”. Secondo la stima della Cgia, il gettito totale di questa nuova imposta sarà di circa 26 mld di euro l’anno (esattamente 25,97): se da questo importo si detraggono i 10 mld circa di gettito Ici (su seconde case, immobili ad uso commerciale, artigianale, ecc.), che già oggi confluiscono annualmente nelle casse comunali, agli oltre 8.100 comuni italiani finiranno quasi 16 mld di euro che attualmente i proprietari di immobili versano direttamente nelle casse dello Stato. Per contro, lo Stato ridurrà i trasferimenti ai comuni per un importo equivalente. I sindaci “innanzitutto avranno una maggiore autonomia impositiva – osserva il segretario Giuseppe Bortolussi – Oggi i trasferimenti statali sono decisi a Roma e sono in costante calo. Con la nuova imposta spetterà ai comuni variare in su o in giù l’ammontare delle aliquote e, quindi, il gettito fiscale. Inoltre, i sindaci avranno un incentivo in più per combattere efficacemente il sommerso e l’abusivismo che gravita attorno al settore edilizio: così facendo aumenteranno la base imponibile e, conseguentemente, il gettito derivante dall’applicazione di questa imposta”. Secondo una stima della Cgia, i maggiori benefici economici andranno ai comuni del Nord: in termini di gettito, garantirà a quelli valdostani mediamente 704,2 euro ogni residente, a quelli liguri 670,7 pro capite e a quelli emiliano-romagnoli 611,7. Chiude la classifica la Calabria con 194,7 pro capite, vale a dire che per le loro casse non cambierà pressoché nulla essere pagati direttamente dai cittadini anziché dallo Stato attraverso i trasferimenti. “La cosiddetta service tax garantirà in termini di gettito pro capite gli importi più rilevanti in quelle realtà dove i livelli di reddito e il valore economico degli immobili sono maggiori – spiega Bortolussi – Se è vero che in linea teorica per i comuni è una partita di giro, rimane il fatto che i sindaci del Nord avranno una base imponibile maggiore rispetto ai colleghi del Sud su cui gestire l’autonomia impositiva”.
[1] L’espressione inglese due diligence identifica il processo investigativo che viene messo in atto per analizzare valore e condizioni di un’azienda, o di un ramo di essa, per la quale vi siano intenzioni di acquisizione o investimento.
In finanza la due diligence indica quell’insieme di attività svolte dall’investitore, necessarie per giungere ad una valutazione finale, analizzando lo stato dell’azienda, compresi i rischi di eventuale fallimento dell’operazione e delle sue potenzialità future.
Consiste nell’analisi di tutte le informazioni relative all’impresa oggetto dell’acquisizione, con particolare riferimento alla struttura societaria e organizzativa, al business e al mercato, ai fattori critici di successo, alle strategie commerciali, alle procedure gestionali e amministrative, ai dati economico-finanziari, agli aspetti fiscali e legali, ai rischi potenziali, ecc.
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