Intervista a Calderoli: «Via da Roma dopo il federalismo»

Parla il ministro della semplificazione. Tra decentramento e sviluppo – Finanza regionale. “La compartecipazione all’Iva potrebbe passare dal 44,7% al 25-30%, ai territori più Irpef”. Enti locali. “Alle province una quota del bollo auto e ai comuni parte dell’addizionale all’imposta sui redditi”

l 14 Settembre 2010
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Il federalismo è stato, è e sarà la bussola della Lega. Ieri per individuare gli alleati; oggi per proseguire o meno la legislatura; domani per coltivare la suggestione di abbandonare il parlamento nazionale e concentrarsi sulle assemblee regionali. A confermarlo è il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli che vuole chiudere «entro quattro mesi» la partita sull’attuazione delle riforma e si dice «soddisfatto per il boom di interventi edilizi realizzati grazie alle semplificazioni» (su cui si veda Il Sole 24 Ore di ieri).

Le acque nella maggioranza sembrano più calme. Il governo andrà avanti con 316 voti alla Camera. Finiani inclusi?
A noi interessano soprattutto i fatti e non i voti su una risoluzione. Anche perché per noi conta la qualità dei voti e non la quantità. L’importante è che ci sia la volontà di procedere sulle riforme, a cominciare dal federalismo in commissione bicamerale. Che doveva essere a maggioranza e invece l’abbiamo fatta paritetica.

Ma non c’è il rischio che il finiano Baldassarri voti con l’opposizione e dunque diventi a minoranza?
Non credo. Con Baldassarri ho parlato spesso. L’ultima volta martedì scorso e ci siamo sempre trovati d’accordo. Se vengono messe da parti le pregiudiziali politiche sono convinto che la quadra si troverà anche con l’opposizione. Se trovo un atteggiamento costruttivo io un provvedimento sono pronto anche a rivoltarlo come un calzino.

Per Bossi il federalismo è questione di ore. A che punto siete?
Quanto prima vedrò i rappresentanti di regioni ed autonomie locali per discutere un provvedimento unico sull’autonomia tributaria di regioni e province e sulla cancellazione dei trasferimenti regionali agli enti locali. Visto il tema li devo per forza incontrare tutti insieme. Se il confronto sarà positivo potrei portare il testo in Consiglio dei ministri la prossima settimana insieme a quello sui costi standard per la sanità.

Partiamo dalle regioni: che cosa avranno?
Un mix di Iva e Irpef. Oggi la maggior parte delle risorse viene dalla compartecipazione Iva al 44,7 per cento. Penso che si può passare al 25-30 per cento. È un tributo su cui non c’è margine di manovra sia perché discende dall’Europa sia perché il cittadino non ha la percezione che una parte di ciò che spende va alle regioni. Se invece utilizzo una tassa sulle persone fisiche come l’Irpef questo raccordo diretto c’è così come un collegamento con i servizi erogati.

Irpef sotto quale forma?
Con una compartecipazione sui gettiti prodotti dai vari scaglioni, in modo da garantire la progressività dell’imposta, e con un’addizionale più ampia di quella attuale. Che i governatori potranno manovrare nel rispetto degli scaglioni nazionali. La potranno anche abbattere totalmente oppure introdurre detrazioni per agevolare le famiglie con bambini o anziani a carico, arrivando a qualcosa di simile al quoziente familiare.

Le regioni manterranno anche l’Irap. La ridurrete?
Saranno i governatori a decidere. Io gli do una flessibilità totale per arrivare anche a zero. Saranno loro a decidere se vogliono fare una vera politica di promozione dell’impresa.

Province e comuni che cosa devono aspettarsi?
Nel decreto sul fisco municipale si è affrontato il nodo dei trasferimenti dello Stato. Ora puntiamo a risolvere quello dei trasferimenti regionali. Ho trovato una soluzione di garanzia: cancellarli e dare a comuni e province la compartecipazione a un tributo regionale con un livello stabilito tra le parti. Per le province penso al bollo auto e per i comuni sarei orientato all’addizionale Irpef.

Passiamo al Sud. Il ministro Tremonti ha detto che in alcune regioni bisognerebbe prima fare arrivare lo Stato. Sarà un federalismo a due velocità?
Sono sempre stato di questa idea per le evidenti difficoltà in cui si trovano alcune aree territoriali ma ormai si è deciso di far partire tutti insieme e così sarà. Il federalismo lo vedo come un armistizio tra Nord e Sud in materia fiscale. Basato su alcuni principi: assicurare le risorse a tutti in modo che possano garantire i livelli essenziali delle prestazioni nelle loro funzioni fondamentali, con dei coefficienti correttivi per chi si trova ad esempio su un’isola o in cima a un monte. Chi ha speso di più o si adegua oppure cambia la propria classe dirigente. In quelle zone in cui la classe dirigente ha fatto disastri e non ha neanche creato le strutture io devo mettere gli amministratori in condizioni di farle.

In che modo?
Destinando alla perequazione infrastrutturale che è prevista dalla legge delega le risorse non utilizzate o destinate a interventi a pioggia, che verranno fuori dal monitoraggio del ministro Fitto. Ad esempio non posso chiudere dalla sera alla mattina un ospedale con 12 posti letto che fa danni ai pazienti e costa un’ira di Dio. Prima devo costruire degli ospedali per acuti e di alta specializzazione oppure delle strutture territoriali che oggi non esistono.

La Lega sosterrà il piano Fitto sul Sud?
Dinanzi a un programma di interventi seri la Lega non avrà problemi a concedere il suo appoggio.

Che sia tra tre mesi o tra tre anni, prima o poi si tornerà al voto. Non avete mai pensato di sfruttare i consensi in ascesa e correre da soli?
Come ha detto Bossi, Berlusconi è leale sulle riforme e noi dobbiamo esserlo con lui. Se le cose vanno avanti così non c’è motivo di andare da soli. Nell’attuale sistema bipolare puoi incidere solo se sei presente anche a livello nazionale. Chissà che un domani, dopo aver realizzato il federalismo, non si possa decidere di essere presenti solo nelle assemblee regionali. Alleandosi con una forza nazionale sull’esempio di quanto avviene in Baviera.

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