In Italia sono 1.260.000 gli edifici costruiti in zone a “bollino rosso” per frane e alluvioni, di cui 6.000 scuole e 531 ospedali, e ben 6 mln di connazionali vivono in aree a rischio idrogeologico con una situazione allarmante soprattutto nelle grandi città. Nonostante questo, in decenni di emergenze ambientali “poco o nulla” si è fatto in termini di prevenzione. Al contrario, “ci si è limitati a tamponare i danni, spendendo nell’arco di 67 anni circa 213 mld di euro”. È il j’accuse dei geologi, che avvertono: “È urgente approvare una legge per il governo del territorio, di cui incredibilmente il nostro Paese è ancora sprovvisto”.
I danni che l’ondata di maltempo che ha colpito l’Italia in queste ore sta provocando soprattutto in Toscana e Liguria, con un bilancio al momento di 5 morti, afferma il presidente del Consiglio nazionale dei geologi Gian Vito Graziano, “sono un’ennesima dimostrazione dello stato di incuria in cui è lasciato il nostro territorio: il punto è che si sono spese cifre enormi solo per tamponare le catastrofi, ma spendiamo “zero” per prevenirle. Dal 1944 ad oggi in Italia, infatti, sono stati spesi più di 213 mld di euro per danni da dissesto idrogeologico e terremoti, di cui ben 27 solo dal 1996 al 2008”. Ed ora, avverte Graziano, “i nuovi tagli al ministero dell’Ambiente avranno un effetto devastante su un territorio già abbandonato a se stesso”.
È dunque urgente passare all’azione, e la prima cosa da fare, secondo i geologi, è “approntare una legge organica di governo del territorio che individui, tra l’altro, precise responsabilità, oltre a istituire dei Presidi territoriali fissi con tecnici che operino un monitoraggio costante delle aree a rischio”. E dai geologi arriva anche un’altra indicazione pratica: “La legge già lo prevede, ma non è mai stata applicata: demolire gli edifici nelle zone a rischio, dove possibile, per “rilocarli” in aree più sicure. Un’operazione – afferma Graziano – dai costi minori rispetto alla messa in sicurezza di ogni singola area, considerando che sono 29.500 i chilometri quadrati del territorio italiano considerati ad elevato rischio idrogeologico, di cui 470 in Liguria”. E la “messa in sicurezza” del territorio deve partire, affermano gli esperti, innanzitutto dalle grandi città: “Sono le prime a bloccarsi in caso di alluvione. Bisogna dunque – rileva Graziano – ripensarne il modello”. Un esempio? “È necessario un intervento sul sistema fognario e vanno ripristinati i vecchi canali di scolo per far fluire le acque.
In varie città infatti – avverte il presidente dei geologi – i canali non ci sono più perché si è edificato sopra. Questo è un problema: con la scomparsa delle aree verdi nelle città, infatti, le acque non possono più infiltrarsi nel terreno ma solo scorrere in superficie, e se non c’è un adeguato sistema di smaltimento i problemi sono enormi”.
Ma ancora tanti sarebbero gli interventi necessari, a partire anche da una “attenta manutenzione ordinaria dei fiumi, oggi – denunciano gli esperti – del tutto assente”.
Ovviamente, su tutto, resta il problema dei finanziamenti: “Secondo una stima dello stesso ministero per l’Ambiente – afferma Graziano – per una manutenzione dell’intero territorio sarebbero necessari almeno 30-40 mld di euro. Tenendo conto del momento attuale di crisi, chiediamo che si parta almeno dalla messa in sicurezza delle grandi città a seconda del maggiore grado di rischio”. Senza dimenticare, concludono i geologi, che “investire in prevenzione significa anche creare lavoro”.
Maltempo: 1,2 mln edifici a rischio, sos città
Il parere del geologi
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