Costerebbe mediamente 136,00 euro l’anno a famiglia la reintroduzione dell’Ici sulla prima casa (185,40 euro per un casa accatastata in A/2 e 86,62 euro per una casa in A/3). È quanto emerge da un’indagine del Servizio politiche territoriali della Uil che ha elaborato il costo dell’Imposta comunale sugli immobili sulla prima casa, nelle 104 città capoluogo di provincia, qualora venisse reintrodotta dal Governo Monti, così come ventilato in queste ore.
L’aliquota media applicata – spiega il segretario confederale Guglielmo Loy – per l’abitazione principale è del 4,98 per mille, mentre l’aliquota ordinaria è del 6,74 per mille. La detrazione media sulla prima casa è di 117,27 euro (103,29 euro la detrazione ordinaria). Le nostre stime, spiega Loy, indicano che, qualora venisse reintrodotta l’imposta con le attuali regole, questa produrrebbe per i Comuni un gettito totale di circa 3,7 miliardi di euro, equivalenti al 41% dell’attuale gettito Ici (9,1 miliardi di euro), portando così complessivamente nelle casse dei Comuni oltre 12,8 miliardi di euro. Tra l’altro, la reintroduzione dell’Ici sulle abitazioni principali potrebbe avere anche un ulteriore effetto di inasprimento se consideriamo che i Comuni, dal prossimo anno, potranno deliberare una nuova “imposta di scopo” per la realizzazione di opere pubbliche, facoltà inserita nel decreto sul Federalismo municipale. È questa un’addizionale di imposta (0,5 per mille sulla base imponibile Ici) che oggi esclude l’abitazione principale. Inoltre, il decreto correttivo del fisco municipale, approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 ottobre scorso, prevede la “service tax”: si tratta di una reintroduzione “mascherata” dell’Ici sulle prime case con un’aliquota del 2 per mille che graverà su chiunque occupi un immobile adibito ad abitazione (comprese le famiglie in affitto) e che servirà per finanziare servizi generali dei Comuni (illuminazione pubblica, polizia locale, anagrafe ecc.). Questa reintroduzione palese o mascherata dell’Ici peserà inevitabilmente anche, e soprattutto, sulle tasche dei lavoratori e pensionati. Come Uil – conclude Loy – riteniamo che nel programma del nuovo Governo si debba iniziare a far pagare di più chi ha più disponibilità, iniziando con il tassare quel 10% di persone che detengono il 60% della ricchezza del Paese. Inoltre, anziché agire “tout court” sulle imposte delle prime case si potrebbe, al contrario, agire sulla rivalutazione e sulla riclassificazione delle rendite catastali, ferme agli anni ’60, adeguandole ai valori del mercato immobiliare.
LE REAZIONI
“Attenzione a manovrare l’Ici, tema esplosivo sul piano sociale. Il suo ripristino, ipotesi che circola in connessione al programma del nuovo governo, potrebbe andare a colpire ampie fasce sociali, penso alle migliaia di famiglie che stanno pagando il mutuo per l’acquisto della casa”, dichiara in una nota il vice presidente dei deputati del Pdl, Osvaldo Napoli. “È necessario poi – ha aggiunto l’ex presidente facente funzioni dell’Anci – sfatare un luogo comune. Il Governo Berlusconi non ha abolito integralmente l’Ici, come si vuole far credere. Sulle case di pregio, a partire dalla categoria catastale A8, l’Ici è rimasta. Ipotizzare ora il ripristino della tassa sugli immobili di categoria inferiore a quella significherebbe generare situazioni diffuse di disagio. Su questo punto il presidente incaricato, persona prudente e avveduta, sono sicuro che farà una riflessione accorta”. “Se poi indosso la veste di sindaco di un piccolo comune, potrei anche rallegrarmi di questo ritorno dell’Ici. Avendo però – ha concluso Napoli – chiarezza su un punto: il ripristino di questa tassa porta risorse aggiuntive nelle casse comunali? Se è così, bisognerà rivedere il Patto di stabilità interno per consentire ai comuni di investire quelle risorse. Se invece il ritorno dell’Ici avviene a saldi zero per lo Stato, cioè si tagliano i trasferimenti ai comuni di un importo pari ai maggiori introiti dell’Ici, allora suggerisco di lasciare le cose come stanno. Per la pace di tutti, e soprattutto per i cittadini”. Confindustria è invece favorevole all’introduzione di nuove imposte, come l’Ici e la patrimoniale se però il ricavato servirà a diminuire la pressione fiscale sui lavoratori e sulle imprese. “Queste nuove tasse – ha affermato la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a margine di un evento a Milano – non devono essere messe e basta. Se si deciderà di introdurle devono servire per abbassare le tasse su imprese e lavoratori per ridare la crescita”. Di avviso opposto, almeno per quanto riguarda l’imposta sugli immobili, il sindacato. “Se viene chiesto un sacrifico a lavoratori e pensionati, questo deve venire dopo che tutti gli altri l’hanno fatto perché in questi anni hanno pagato solo loro. La prima cosa che chiederemo è equità sociale, si parla già di rimettere l’Ici su prima casa. Si inizia maluccio, non si possono far pagare sempre i soliti noti, e forse è ora di pagare la patrimoniale come tassa strutturale che garantisce una stagione di entrate rigorose sul piano fiscale. Poi ragionare più seriamente su rendite finanziarie, visto che il precedente governo non ha fatto nulla, e dopo sugli immobili e seconde case”, ha ribadito il segretario della Cgil, Susanna Camusso, da Palermo.
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