Un colpo alle politiche sui Rom

Il Consiglio di Stato sancisce l’illegittimità del Piano Maroni del 2008 e la nomina dei Commissari delegati: emergenza non reale ma temuta per il futuro. Esulta la Consulta Sinti, polemiche a Roma

l 22 Novembre 2011
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Un colpo alle metropoli sulle politiche sui nomadi. Con la sentenza 6050, del 16 novembre scorso il Consiglio di Stato ha sancito l’illegittimità “del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008” rigettando il ricorso in appello presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’interno, del Dipartimento della protezione civile e delle Prefetture di Roma, Milano e Napoli contro la sentenza dell’1.7.2009 del TAR di Roma che aveva già dato ragione all’European Roma Rights Centre Foundation. Inoltre, nella sentenza il Consiglio di Stato ha accolto il controricorso presentato dalla European Roma rights centre foundation e da due abitanti del campo nomadi Casilino 900. Alla base della decisione presa dal Consiglio di Stato c’è il fatto che la possibile emergenza sociale causata dalla popolazione nomade “più che già esistente ed acclarata, sia soprattutto paventata pro futuro quale conseguenza dell’espandersi e dello stabilizzarsi delle comunità nomadi”. Inoltre il Consiglio di Stato ritiene che il riferimento nel decreto relativo a gravi episodi che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica “non risulta supportato da una seria e puntuale analisi dell’incidenza sui territori del fenomeno considerato (quale sarebbe, in ipotesi, uno studio che documentasse l’oggettivo incremento di determinate tipologie di reati nelle zone interessate dagli insediamenti nomadi), ma soltanto dal richiamo di specifici e isolati episodi i quali, per quanto eclatanti e all’epoca non privi di risonanza sociale e mediatica, non possono dirsi ex se idonei a dimostrare l’asserita eccezionalità e straordinarietà della situazione”. Con la sentenza decadono, per illegittimità derivata, non soltanto le ordinanze presidenziali del 30.5.2008 di nomina dei commissari delegati per l’emergenza, ma anche di tutti i successivi atti commissariali (che, a questo punto, risulterebbero adottati in carenza di potere). Naturalmente, “resta comunque salva la facoltà delle Amministrazioni interessate di “sanare” il vizio d’incompetenza attraverso una riedizione o una convalida di singoli atti a suo tempo adottati dai Commissari delegati, laddove ciò sia possibile sulla base dell’ordinario assetto dei poteri e delle competenze; come pure resta salva la facoltà di rinnovare la declaratoria dello stato di emergenza, ove se ne ravvisino le condizioni e sia possibile farlo rispettando il “perimetro” di quelli che si sono visti essere i presupposti di legittimità per l’esercizio di tale potere”.
Secondo la Consulta Rom e Sinti di Milano “la sentenza dichiara illegittimo lo stato di emergenza rom, decretato sull’onda di nulla se non di un uso strumentale dei rom come capro espiatorio e di una rincorsa elettorale dell’onda razzista”. “Tutta la politica contro i rom di questi ultimi tre anni – sostiene la Consulta – è dichiarata illegittima e decaduta. Questo è un risultato straordinario che ripristina il rispetto della Costituzione italiana a partire dall’uguaglianza di fronte alla legge senza distinzioni di razza, di lingua, di religione, e nel contempo rende possibile una stagione diversa per le comunità rom e sinte. Molte sono però le ferite inferte finora dalla politica dell’odio e della discriminazione che dovranno essere sanate, anche, con le opportune azioni legali. Ma, soprattutto – conclude la nota – la Consulta chiede la immediata sospensione di ogni azione che faccia riferimento al “piano Maroni” e un incontro urgente con l’amministrazione comunale per ridiscutere tutta la politica comunale nei confronti dei Rom e dei Sinti di Milano”.  “Se non ci sono annullamenti retroattivi, cosa che non credo, la sentenza non ci preoccupa tanto perché il prefetto, quale commissario per l’emergenza Rom, aveva praticamente completato tutti gli atti che doveva compiere e quindi il suo ruolo si stava esaurendo. In questo caso il Consiglio di stato avrebbe solo anticipato di qualche giorno la fine del suo mandato”, commenta il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. “Ho appreso di questa sentenza però non siamo ancora in grado di interpretarla esattamente – ha spiegato – per sapere quali saranno le conseguenze”.  “Al fallimento della giunta Alemanno nella gestione della questione Rom si è aggiunta la sentenza del Consiglio di Stato che ne mette in discussione il fondamento giuridico e cancella il paravento dell’emergenza dietro al quale si sono gestiti in maniera disinvolta e totalmente inefficace 30,8 milioni di euro”. Ad affermarlo Daniele Ozzimo, vicepresidente della Commissione Politiche Sociali e consigliere capitolino del PD e Emanuela Droghei, responsabile Welfare PD di Roma. “A distanza di quasi quattro anni dall’insediamento del primo cittadino alla guida della Capitale – spiegano – si registra un aumento esponenziale dei microcampi abusivi (68 nel 2008, più di 250 nel 2011) dovuto alla politica di dispersione. Nessuno dei tre nuovi campi previsti dallo stesso “Piano nomadi” presentato in pompa magna nel 2009 dal sindaco è stato realizzato. Non si è registrata alcuna politica di integrazione o finalizzata alla fuoriuscita o al superamento dei campi stessi per i tanti che vivono già da tempo una condizione avanzata d’integrazione dopo oltre trenta anni di permanenza nella nostra città. Questo palese fallimento – concludono – è avvenuto peraltro sotto una gestione commissariale, messa oggi in discussione dalla sentenza, non solo dotata di poteri in deroga a tutte le leggi vigenti, ma anche di ingenti risorse sulle quali mai nessuna amministrazione ha potuto contare. La sentenza del Consiglio di Stato condanna, nei fatti, inoltre, il facile ricorso del Governo Berlusconi ai commissariamenti.

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