Sono gli effetti della rimodulazione del tributo comunale sugli immobili, realizzata non puntando su una progressività delle aliquote in funzione del patrimonio mobiliare e immobiliare del contribuente, forse più equa ma complicata da realizzarsi soprattutto se si vuol fare immediatamente cassa, ma tenendo la classica distinzione tra abitazione principale (quella in cui si ha la residenza) e le altre abitazioni. Molte meno preoccupazioni per chi possiede abitazioni di scarso valore fiscale. In questo caso infatti il tributo potrebbe anche essere nullo
Dal punto di vista tecnico il risultato, che cerchiamo di illustrare nella tabella di questa pagina con esempi di calcolo nelle principali città italiane, si ottiene aumentando del 60% i valori catastali che quest’anno costituivano la base imponibile e stabilendo una griglia di aliquote che ha come base il 7,6 per mille che costituisce l’aliquota prevista per l’Imu, l’Imposta municipale sugli immobili che avrebbe dovuto mandare in pensione l’Ici nel 2014, mentre lo farà anche dal punto di vista terminologico (di gran lunga il meno importante) sin da subito.
Ma come si è rivisitata l’imposta meno amata dagli italiani? Ai comuni viene lasciata una grande libertà di manovra. Sull’abitazione principale l’aliquota di riferimento è il 4 per mille del valore catastale rivalutato come dicevamo sopra del 60%: per tornale all’abitazione semicentrale di Milano del nostro primo esempio, se la casa quest’anno valeva per il fisco 129mila euro dal 2012 ne varrà 206.400. Su questa cifra il tributo standard sarebbe di 826 euro, da cui però andranno dedotti obbligatoriamente 200 euro, portando così il totale a 626. Il Comune può però, sempre tenendo fermo l’obbligo di concedere la franchigia di 200 euro, aumentare o diminuire l’aliquota di due millesimi di punto, e quindi far oscillare il tributo da 213 a 1038 euro, disponendo nei fatti di una discrezionalità che le vecchie norme non gli concedevano. L’amministrazione municipale può anche decidere di aumentare la franchigia fino ad annullare del tutto l’entità del tributo, ma è una strada che allo stato appare decisamente improbabile per due ottime ragioni. La prima è che la manovra taglia ulteriormente i trasferimenti agli enti locali e nessun Comune probabilmente oggi, da Milano a Roma al più piccolo borgo montano, può realmente fare a meno del gettito dell’Ici; il secondo è che il decreto prevede l’impossibilità per le municipalità che applichino franchigie superiori a 200 euro di poter anche imporre aliquote superiori a quella base per le unità immobiliari tenute a disposizione. In pratica si impedisce ai comuni turistici di cedere alla tentazione di non tassare i pochi residenti (ed elettori) per tartassare i molti proprietari di case per le vacanze.
Per quanto riguarda le seconde case invece le amministrazioni potranno far oscillare l’aliquota base del 7,6 per mille sul valore catastale rivalutato di ben tre punti millesimali in più o in meno, senza la facoltà di introdurre franchigie, e quindi si potrà andare da un minimo 4,6 a un massimo del 10,6 per mille. Considerando che con le regole precedenti l’aliquota tipica per le seconde case arrivava al massimo al 7 per mille (con punte del 9 per mille solo nelle città ad alta tensione abitativa e solo per le case sfitte da più anni) si può calcolare in poco meno del 75% l’inasprimento medio del tributo: in pratica dove quest’anno si sono pagati 700 euro il conto salirà a poco più di 1200.
Il provvedimento potrebbe avere conseguenze non irrilevanti su un mercato immobiliare già in difficoltà, anche perché nel testo ufficioso che abbiamo avuto modo di consultare (per la conferma bisognerà aspettare la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) è sparita una disposizione a favore degli immobili dati in locazione e per i quali si prevedeva una aliquota fissa al 4 per mille. Tassare gli immobili da investimento alle aliquote degli immobili tenuti a disposizione significa abbassare le perfomance di circa un punto e rendere decisamente poco appetibile l’investimento.
Rispetto alle anticipazione della vigilia però non compare anche un’altra norma molto temuta:l’adeguamento indiscriminato degli estimi catastali. L’incremento del 60% si applica soli ai fini Ici-Imu e non sull’Irpef (dovuta sugli immobili diversi dall’abitazione principale e sue pertinenze) e nemmeno sulle compravendite.
La manovra prevede anche l’introduzione, ma a partire dal 2013, del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, cui sarà assoggettato chi utilizza l’immobile (e quindi l’inquilino, nel caso di locazione). Per sapere quanto si pagherà di più rispetto alla Tarsu oggi in vigore bisognerà aspettare ancora dieci mesi: il Ministero dell’Economia infatti dovrà varare il regolamento di attuazione entro il 31 ottobre 2012.
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