Scuola, concorsone e polemiche

Nella giornata della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del bando per assumere 11.542 docenti nel biennio 2013-2014, tiene banco la polemica dopo le parole del ministro Profumo, che chiede di rivedere i programmi di religione

26 Settembre 2012
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È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando del concorsone per assumere 11.542 docenti nel biennio 2013-2014. Si tratta del decreto n. 82 del 2012 del ministero dell’istruzione recante “Indizione dei concorsi a posti e cattedre, per titoli ed esami, finalizzati al reclutamento del personale docente nelle scuole dell’infanzia, primaria, secondaria di I e II grado”, apparso sulla Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, Concorsi n. 75 del 25 settembre 2012. A seguito del concorso (la scadenza è fissata al 7 novembre prossimo) il prossimo anno scolastico entreranno in ruolo 7.351 neo professori; i restanti 4.191 docenti saliranno definitivamente in cattedra nell’anno scolastico 2014-2015. I reclutamenti serviranno a coprire il 50% del fabbisogno, mentre l’altra meta’ sara’ soddisfatto attraverso le graduatorie a esaurimento dei precari.  Tra le peculiarità del concorso, la domanda presentabile in una sola regione e le prove preselettive incentrate sull’uso del computer. Il concorso rappresenta “una grande opportunita’” secondo il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo: “il fatto che il Ministero abbia messo in atto un processo di circa 50mila assunzioni nell’arco di pochi anni e’ un segnale forte per la scuola e per il Paese”.  “Credo che la scuola – ha sottolineato Profumo – sia ancora una volta il luogo in cui modernizzare il Paese e’ dare un’accelerazione al processo di crescita”. Secondo il ministro “le persone con grande saggezza parteciperanno al concorso perche’ e’ data loro la possibilita’, indipendentemente dalla loro posizione in graduatoria, di accelerare il loro percorso e di entrare in ruolo prima di altri”. Il ministro ha ribadito che per l’ingresso nella scuola la legge non e’ stata applicata da 13 anni ma le leggi devono essere applicate: “Se non vanno bene sta al Parlamento cambiarle” e quindi il concorso rappresenta “un processo di normalizzazione del Paese”.

Ma una frase pronunciata dal ministro, secondo cui  “nelle scuole ci sono studenti che provengono da Paesi, culture, religioni diverse” per cui bisogna rivedere i programmi e l’ora di religione, ha scatenato ieri polemiche che hanno quasi offuscato la notizia della pubblicazione del bando del concorsone. “Capisco la preoccupazione del ministro Profumo sulla necessità che la scuola non ghettizzi chi viene da altri Paesi e ha tradizioni culturali diverse dalla nostra. Ciò nonostante io credo che questa attenzione debba evitare di scadere nel relativismo. La nostra religione, così come i programmi scolastici, è la testimonianza dei valori su cui si fonda la nostra società. Chi viene dall’estero non può non confrontarsi con questo. Non possiamo annacquare ciò che siamo per far piacere agli altri”, afferma Maurizio Lupi, vicepresidente pidiellino della Camera.  Rivedere l’ora di religione è giusto ma non sufficiente: bisogna procedere al taglio dei fondi stanziati per le scuole private e confessionali, controbatte l’Idv Pierfelice Zazzera, vicepresidente della Commissione Cultura della Camera. E anche i Radicali affermano che “si deve passare dall’abolizione dell’esistente” perché “oggi nelle scuole italiane non si insegna storia delle religioni, ma si fa catechismo coi soldi pubblici”. Secco il no della Lega Nord.  “Dopo la sua personale crociata contro il Nord, adesso il ministro Profumo dichiara guerra all’ora di religione. Se nelle nostre scuole ci sono anche studenti che vengono da altri Paesi, e’ giusto che rispettino le nostre radici cristiane e imparino la millenaria cultura dei nostri territori. Se poi il ministro dell’Istruzione intende cancellare dalla scuola la nostra storia, gli consigliamo di andarsi prima a fare un giro nei Paesi islamici per vedere quale religione insegnano nelle loro scuole”, dichiara il deputato Davide Cavallotto. E i diretti interessati, ovvero gli insegnanti, cosa ne pensano?  L’insegnamento della religione cattolica “e’ nelle scuole perche’ la Repubblica italiana riconosce il valore della cultura religiosa e perché i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, ed è impartito nelle istituzioni scolastiche secondo le finalità della scuola”, ricorda il presidente del Sindacato autonomo degli insegnanti di religione (Snadir), Orazio Ruscica, il quale polemicamente evidenzia che  “il ministro a fine giugno ha firmato le due intese riguardanti l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche e le indicazioni didattiche senza aver letto con attenzione ciò che ha sottoscritto”.

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