“Noi chiediamo solo rispetto – prosegue – non siamo una lobby economica ma un pezzo elettivo dello Stato; i giudizi del ministro Patroni Griffi e del Governo non possono essere di disprezzo verso le Province”.Intanto l’assemblea dell’Upi rimane convocata permanentemente e il suo presidente ha auspicato incontri sia con Anci che con la Conferenza delle Regioni “perché bisogna rinsaldare l’unità d’azione delle associazioni delle Autonomie territoriali, che stanno pagando il prezzo più pesante dei tagli ai bilanci”.
Le dichiarazioni poco distensive nei riguardi del Governo però non sono giunte oggi, già stamane i presidenti delle province avevano tuonato contro il provvedimento governativo minacciando che le “province italiane decideranno a breve la chiusura dei riscaldamenti nelle scuole (superiori, n.d.r.) e conseguentemente l’aumento delle vacanze per gli studenti”. Spiega poi Saitta all’Ansa che l’iniziativa “prende le mosse per protestare contro i tagli di 500 milioni decisi con la spending review”. Il punto è che il malumore è cresciuto quasi a dismisura ed ora i rapporti fra province ed istituzioni cominciano a farsi tesi.
A testimonianza dei rapporti non proprio idilliaci una dichiarazione del ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi “al neo Presidente dell’Upi, Antonio Saitta, faccio i complimenti per il nuovo incarico – dice – e soprattutto gli auguro di avere un comportamento più consono all’istituzione che rappresenta”.
Saitta, dal canto suo, non sembra aver accolto troppo volentieri l’indicazione del ministro ed ha replicato “il governo è ingrato e decisioni come queste debbono essere ben spiegate agli studenti e ai loro genitori – e prosegue – bisogna spiegare soprattutto che il governo non ha il coraggio di fare una spending review su sé stesso e che, tra l’altro, siamo pronti anche ad interrompere i lavori di manutenzione nelle scuole. E quando qualche procuratore della Repubblica, come accade nella provincia di Torino con il bravo Guariniello, ci dirà che i lavori debbono essere terminati, noi opporremo un netto rifiuto, visto che le risorse non ci sono più”.
Di questo “informeremo il Consiglio superiore della magistratura e al vicepresidente Michele Vietti chiederemo se dobbiamo rispettare i programmi per il controllo delle scuole o se invece dobbiamo dare retta ai tagli imposti dal governo con la spending review. Stessa richiesta – ha aggiunto – la faremo alla Corte dei Conti, anche relativamente ai numerosissimi decreti ingiuntivi che in questi giorni stanno arrivando agli Enti da parte delle imprese, che ammontano nel complesso a circa 2,8 miliardi di euro”.
Altre azioni simili ha specificato il fresco presidente dell’ Upi, dovranno essere prese dal futuro ufficio di presidenza dell’organizzazione per quanto concerne l’applicazione di altri servizi, come ad esempio i trasporti e i centri per l’impiego che con ogni probabilità verranno chiusi. I presidi italiani però sono preoccupati dalle dichiarazioni di Saitta, Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione italiana Presidi, ha dichiarato “fare dispetti e ritorsioni porta solo ulteriori problemi e nessuna soluzione: una catena senza fine”.
“Voglio sperare che l’idea rientri solo in una forma di pressione nell’ ambito delle contrattazioni tra Stato e autonomie locali per quanto riguarda la distribuzione delle risorse – afferma Rembado – Altrimenti potrebbe apparire come una sorta di sabotaggio al servizio dell’istruzione. Ma a tutto c’è un limite anche alle ritorsioni”. È opinione del rappresentante dei presidi che le competenze delle Province, come provvedere al riscaldamento delle scuole, sono stabilite dalla legge ordinaria “e non si può derogare se non con un’altra legge”; “le Province non possono sottrarsi ai loro doveri e corrispondere al fabbisogno delle scuole non e’ una cosa facoltativa”.
Inoltre, la decisione del calendario scolastico “non è nelle disponibilità delle Province”. Le scuole – fa notare il rappresentante dei dirigenti scolastici – sono andate avanti per anni senza avere le risorse necessarie per le spese generali di funzionamento ma non hanno mai detto: “Chiudiamo i battenti”. Se l’ipotesi diventasse reale – aggiunge – le scuole “non avrebbero una reazione solo verbale: non si può pensare che si starebbe lì a battere i denti e a bruciare i libri per riscaldarsi. Ma non voglio credere a questa possibilità – conclude – Ciascuno si assuma le sue responsabilità”.
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