“La mancata conversione del dl sulle Province comporterebbe una situazione di caos istituzionale. Tra le conseguenze, oltre ai mancati risparmi, la lievitazione dei costi a carico di Comuni e Regioni e il blocco della riorganizzazione periferica dello Stato”. Da quanto riportato dall’Ansa, sarebbe in circolo uno studio del governo secondo il quale, la mancata conversione del dl, comporterà “un periodo di incertezza per l’esercizio di funzioni fondamentali per i cittadini (come manutenzione di scuole superiori e strade, gestione rifiuti, tutela idrogeologica e ambientale)”.
La mancata conversione del dl sulle Province “porrà inoltre una questione finanziaria legata dal problema dei mutui contratti dalle province con banche e soprattutto Cassa depositi e prestiti: a questi dovranno subentrare regioni o comuni o dovranno essere frazionati; altri problemi riguarderanno il trasferimento del personale, dei finanziamenti, dei beni immobili”, si legge ancora nel documento del dipartimento delle Riforme del ministero della Funzione Pubblica.
“Le città metropolitane restano istituite solo sulla carta e la loro operatività sarebbe ostacolata da una serie di fattori: mancanza di definizione del sistema elettorale del consiglio metropolitano; incertezze sui rapporti tra sindaco del comune capoluogo e sindaco metropolitano; incertezze sui rapporti patrimoniali e finanziari; perimetro diverso per Firenze e Milano”, continua il governo.
Ma non solo. La mancata conversione in legge del dl di riordino delle Province fa “tornare il rischio di una declaratoria di incostituzionalità. Un rischio di incostituzionalità grava – viene evidenziato però – anche sul decreto in esame”. “Il Salva Italia è stato impugnato – si legge nello studio del governo- perché la Costituzione prevede che lo Stato assegni alle province ‘funzioni fondamentali’. Ora, è dubbio che le sole funzioni di indirizzo e coordinamento dei comuni possano costituire ‘funzioni fondamentali’ in senso tecnico. Se la Corte dovesse accogliere i ricorsi, le province avrebbero tutte le funzioni attuali (e non solo quelle di area vasta) e non sarebbero nemmeno ridotte di numero. Naturalmente – ci tengono a sottolineare i tecnici del governo – un rischio di incostituzionalità grava anche sul decreto in esame sotto il profilo della forma e del procedimento usati per il riordino”.
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