Il pilastro su cui si basa l’attività di “prevenzione” di tangenti e simili contemplata dalla legge approvata il 6 novembre scorso è il “responsabile anti-corruzione”, che va designato fra i dirigenti di ciascuna amministrazione. E’ la stessa legge, nel caso di Comuni e Province, ad individuare nel segretario generale la figura adatta a cui affidare l’incarico anche se sindaci e presidenti, previa motivazione, posso fare anche scelte diverse.
La situazione più complessa si riscontra nelle pubbliche amministrazioni centrali, dove la legge chiarisce che il responsabile della legalità va selezionato “di norma fra i dirigenti di prima fascia in servizio”. Nelle regioni in cui la dirigenza è divisa in prima e seconda fascia, la nomina va fatta ricadere su chi è a capo di un ufficio suddiviso al suo interno in altre strutture organizzative con un altro dirigente al vertice.
Il dato principale è fornito dal peso dei compiti a carico del “prescelto”, che potrà essere riferimento di ammende per responsabilità dirigenziale e disciplinare; se risulta un reato di corruzione negli uffici sottoposti al suo controllo, il responsabile che non ha verificato l’attuazione delle procedure scritte nel piano anti-corruzione potrà essere sospeso dal servizio fino ad un anno ed essere chiamato dalla Corte dei conti a rispondere all’accusa di danno erariale e danno d’immagine nei confronti della pubblica amministrazione.
Sono banditi dalla scelta di questo ruolo i dirigenti degli uffici di collaborazione diretta con ministri e vertici, poiché avrebbero un rapporto di favore con l’autorità politica, ma in generale è preferibile evitare l’incarico a dirigenti a contratto; meglio i titolari di “posizioni di relativa stabilità”, anche per non intaccare la possibile applicazione delle sanzioni.
Nella selezione, secondo la Funzione pubblica, è preferibile escludere chi presiede strutture come gli uffici che si occupano di contratti o gestione del patrimonio, visto che sono ritenuti dalla circolare settori “più esposti al rischio della corruzione” e il responsabile dell’ufficio procedimenti disciplinari, perché in conflitto d’interessi.
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