È già pronta la prima bozza del decreto-legge che mira ad abbreviare i tempi per l’erogazione degli investimenti pubblici provenienti dal cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali Ue. L’obiettivo, principalmente, è quello di sciogliere dai vincoli del patto di stabilità interno i 12 miliardi di cofinanziamenti nazionali che ancora si possono usare da qui all’ottobre 2015. La divisione dei fondi è prevista in questo modo; 2,6 miliardi nel 2013, 4,6 miliardi nel 2014, 5,1 miliardi nel 2015. Queste erogazioni rappresentano il 39,7% dei 31 miliardi di investimenti complessivamente finanziati dai fondi strutturali Ue che restano da fare nei prossimi trenta mesi all’interno della programmazione 2007-2013.
Dunque il percorso è tracciato e la conferma giunge dalla lettera che l’ex premier Monti ha recapitato personalmente al Presidente del Consiglio Ue ed ai capi di stato che si sono incontrati a Bruxelles il 14 e 15 marzo scorsi. Negli “ulteriori margini di flessibilità” del Patto che possono permettere di generare crescita e posti di lavoro ad una Italia finalmente in piena regola con i conti, Monti fissa come traguardo primario “la quota di cofinanziamento nazionale per i fondi strutturali, in modo da sbloccare gli investimenti pubblici produttivi, per progetti in linea con le priorità concordate in sede Ue” .
Quello che bisogna capire adesso è se il Governo punterà ad usufruire subito dei “margini ulteriori di flessibilità” e se il provvedimento predisposto dal ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, andrà realmente al vaglio del prossimo Consiglio dei ministri.
Il ministro lavora ormai da tempo all’accelerazione della spesa Ue e alla questione specifica dell’utilizzo di tali risorse del patto di stabilità interno; del resto, era già stata affrontata, seppur in modo parziale, con successo, nella prima manovra del Governo Monti, il “decreto salva – Italia”. In quella circostanza, grazie all’articolo 3 del decreto legge, furono erogati tre miliardi di cofinanziamento nazionale violando così i limiti imposti dal patto; un miliardo per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014. Questo processo di velocizzazione fu un vero e proprio successo, dal momento che per il 2012 è stata erogata al 100% dalle Regioni coinvolte.
Bruxelles aveva dato il suo consenso per quella operazione, ritenendo che fosse una tantum, nel frattempo era stato approvato anche il “Piano azione coesione” – che riorganizzava le risorse ferme in opere bloccate per rivolgerle ad infrastrutture dalla priorità strategica e al tempo stesso si riduceva la quota di cofinanziamento per permettere più facilmente il raggiungimento degli obiettivi fissati da Bruxelles – Barca, infatti, fece passare la norma sull’accelerazione della spesa con il consenso del commissario Ue alle politiche regionali, Johannes Hahn.
In quella circostanza “per compensare gli effetti in termini di fabbisogno e indebitamento netto” che si venivano a formare fu creato presso il ministero dell’Economia un “fondo di compensazione per gli interventi volti a favorire lo sviluppo”, con una dotazione esattamente pari alla somma liberata dal patto. Non era stata affrontata, infatti, l’altra problematica della sterilizzazione di quelle somme rispetto al deficit.
Tale questione si potrebbe affrontare ora, anche se su questo punto approvazioni formali da Bruxelles non sono ancora pervenute. Se anche questo nodo, oltre a quello dell’accelerazione, si ponesse e si sciogliesse nel decreto legge in arrivo, non ci sarebbe bisogno delle risorse stanziate dall’Economia per coprire gli effetti, tuttavia, al momento, su questo nessuno si pronuncia.
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