“La Commissione rimane fedele alla dichiarazione dei vicepresidenti Rehn e Tajani del 18 marzo 2013 – ha detto ieri Simon O’ Connor, portavoce della Commissione, – perché l’Italia possa beneficiare della flessibilità menzionata in quella dichiarazione, è essenziale che rispetti le condizioni per l’abrogazione della procedura di deficit eccessivo”.
I due commissari, a metà mese, avevano chiarito che la Commissione è pronta a considerare con flessibilità il pagamento degli arretrati alle imprese; infatti le norme europee ammettono di valutare eventuali fattori rilevanti nell’analisi dei conti pubblici. Fra questi fattori rilevanti potrebbe proprio rientrare il pagamento degli arretrati alle imprese ad opera della pubblica amministrazione, almeno stando alle dichiarazioni di Rehn e Tajani.
Ad ogni modo questa evenienza è alla portata solo di quei paesi che presentano un disavanzo inferiore al 3% del Pil e quindi non sono soggetti ad una procedura di deficit eccessivo. La presa di posizione è arrivata successivamente alle dichiarazioni riportate da alcuni organi di stampa italiani di “una fonte dell’esecutivo comunitario vicina al commissario per gli affari economici Olli Rehn”. La figura commentava le recenti revisioni al rialzo delle stime governative.
La fonte dichiarava “ un deficit al 2,9% del Pil nel 2013, potrebbe rendere più difficile la chiusura della procedura di deficit eccessivo contro l’Italia a maggio. Con un deficit a questi livelli, l’Italia è in una situazione limite”. Dietro ai commenti anonimi non provenienti da Bruxelles sono leggibili due considerazioni; la prima è che solamente un deficit inferiore al 3% del Pil permette una lettura flessibile dell’impatto che il pagamento degli arretrati della pubblica amministrazione avrà sul disavanzo.
La seconda è che l’uscita del paese dalla procedura di deficit eccessivo è a rischio se il disavanzo del 2013 è troppo vicino al 3% del Pil, visto che le norme europee pretendono una diminuzione del deficit che sia sostenibile, ciò comporta che nel 2012 il deficit dovrebbe essere stato del 2,9%. Ciò che si evince indirettamente è che la commissione non esclude il bisogno di altre misure di finanza pubblica affinché l’Italia possa beneficiare della massima flessibilità nell’ambito del deficit.
La maggior parte dei debiti pregressi della Pubblica amministrazione (circa l’80% dei circa 70 miliardi stimati dalla Banca d’Italia) – affermano fonti della stessa Commissione per questioni contabili risulta – già a carico del debito e non avrebbero altro effetto sul deficit. Discorso differente per il restante 20% del debito della Pa ossia circa 14 miliardi. Il pagamento di tali arretrati, sempre per motivi contabili, genererebbe un aumento del deficit pubblico, da qui i dubbi sollevati da Bruxelles.
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