Province, d.d.l. Delrio da ieri alla Camera

Entro una settimana, massimo dieci giorni, la Camera si dovrà pronunciare. In Aula primo strappo tra i due centrodestra

3 Dicembre 2013
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Il d.d.l. Delrio è entrato ieri alla Camera dei deputati, dove dovrebbe essere approvato, negli auspici del Ministro che lo promuove, nell’arco di pochissimi giorni. Il limite conclusivo dell’approvazione, infatti, è fissato entro il 31 dicembre, pena il possibile crollo dell’impianto per l’abolizione delle province.
Numerosi gli emendamenti presentati al disegno di legge che dovrebbe rifondare l’assetto istituzionale: tra i più significativi, i ritocchi alle norme che regoleranno le città metropolitane, gli organi intermedi tra comune e regione che prenderanno il posto delle province, ma solo nelle aree che abbiano i requisiti.
Ieri mattina, però, primo imbarazzo per il progetto di riforma: la relatrice del Governo, Elena Centemero, si è ufficialmente ritirata dall’incarico, spiegando che “il d.d.l. Delrio non è una vera riforma – ha denunciato la deputata forzista – ma un provvedimento che non abolisce le province, che stabilisce che il sindaco della città metropolitana, sia di diritto, il sindaco del capoluogo, che crea addirittura ‘province ciambella’ per i comuni che non vogliono aderire alle città metropolitane”.
Insomma, critiche a tutto tondo da parte di quella stessa parlamentare che avrebbe dovuto sostenere le ragioni del d.d.l. di fronte ai colleghi deputati: segno che l’aria intorno al Governo Letta, anche sui progetti di riforma in linea di principio più condivisi dall’arco politico, è cambiata di molto nelle ultime settimane.

Nonostante questa importante battuta d’arresto, ieri la Commissione bilancio della Camera ha dato il suo nulla osta sul d.d.l., nonostante la Ragioneria generale avesse sostenuto che nel testo ci fossero norme “potenzialmente prive di copertura”. In Commissione si è precipitato il Ministro Delrio e i lavori sono stati sospesi per mezz’ora. Alla fine parere favorevole sul rispetto dell’art. 81 della Costituzione (secondo il quale ogni legge deve essere “coperta” finanziariamente): “La Ragioneria – ha osservato il relatore, Angelo Rughetti, Pd – ha espresso parere solo parzialmente negativo: le misure foriere di impatto negativo sul Patto di stabilità interno riguardano solo singoli comuni e non tutto il comparto”.
I territori non ci stanno: “Dopo la Corte dei conti, ora la Ragioneria. Il Governo tenga conto di questa bocciatura”, dice il presidente dell’Upi (Unione Province d’Italia) Antonio Saitta.
In Aula, il Ministro degli affari regionali spiega il suo provvedimento: “Possiamo ridare un po’ di fiducia nella politica: avevamo promesso che avremmo abolito le province e possiamo mantenere quell’impegno. In questo modo, produrremo semplificazione e risparmi”.

Tecnicamente dal 2014 ci saranno per alcuni territori le città metropolitane, mentre le province (fino alla riforma costituzionale) diventeranno “enti leggeri”, svuotati di quasi tutte le loro funzioni (resteranno solo le strade: le altre vanno a comuni e regioni). Terzo livello, l’unione dei comuni, che possono presentare progetti di investimenti insieme, somme che finiscono fuori dal Patto di stabilità. Scompaiono, così, giunte e consigli provinciali, più i relativi staff: il presidente sarà un sindaco in carica, scelto dall’Assemblea dei primi cittadini.
A Torino, Milano, Venezia, Genova, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria nasceranno dal 1° gennaio 2014 le “città metropolitane”, mentre Roma Capitale avrà uno status a parte.

Secondo la Centemero “dieci aree sono troppe: bastavano quelle con popolazione superiore ai 3 milioni di abitanti” e poi, insiste la deputata di FI, “serviva una riforma costituzionale che ridefinisse anche le regioni”. Replica Delrio: “Inserire qui una riforma delle regioni avrebbe significato andare fuori dai confini e campi di un disegno di legge, ma più che altro riservati alla revisione del Titolo V, alle competenze rispettive di Stato e regioni. Significava porsi un obiettivo non credibile”. Anche Cinque Stelle va all’attacco: “Ecco l’ennesimo spot dei partiti. Non ci sarà alcuna abolizione, verrà cancellata solo la componente elettiva dell’ente provincia, cioè la rappresentanza politica scelta direttamente dai cittadini”, dice la deputata grillina Dalila Nesci.

Comunque, la discussione alla Camera sul disegno di legge svuota province è stata avviata e, a vedere il calendario di Montecitorio, dovrebbe essere conclusa i tempi abbastanza brevi da lasciare spazio alla legge di stabilità: entro una settimana, massimo dieci giorni, la Camera si dovrà pronunciare su questa tormentata abolizione delle province.

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