Taglio della CO2 e quota di energia da rinnovabili: è su questi due nodi, specie il secondo, che si giocherà la partita per la strategia Ue su clima ed energia per il 2030. La Commissione europea presenterà la sua proposta il prossimo 22 gennaio, ma alcuni Stati membri e l’Europarlamento hanno già scaldato i motori per quella che si prospetta a Bruxelles come una dura battaglia, con grandi divisioni a livello politico e fra i 28 Paesi.
L’Italia ha già fatto blocco con le altre tre maggiori economie europee (Germania, Francia e Gran Bretagna) per chiedere un obiettivo di riduzione di almeno il 40% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990. Lo stesso messaggio lanciato dalla relazione congiunta delle commissioni ambiente e industria dell’Europarlamento e che risulta quello più probabile per la proposta della Commissione europea, secondo fonti comunitarie. Il grande pomo della discordia alla fine sarà quindi quello delle rinnovabili: la Gran Bretagna ha già espresso chiaramente il suo “no” ad altri obiettivi vincolanti oltre a quello della CO2. “Secondo i britannici un target sulle rinnovabili sarebbe costoso e la transizione ad un’economia verde dovrebbe essere dettata dal mercato” riferiscono fonti Ue. Una posizione che vede alleata un big dell’area orientale come la Polonia, impegnata a difendere il suo carbone.
L’Italia, schierata ora con Francia, Germania,Austria, Belgio, Danimarca, Irlanda e Portogallo, fa pressing perché un target sulle fonti verdi venga previsto, senza però definire né un “quantum” né se debba essere vincolante o meno. L’ipotesi più accreditata è quindi che la nuova strategia in arrivo a Bruxelles si basi su un impegno volontario, dando agli Stati membri più libertà di scegliere il proprio mix energetico, ma tagliando le gambe ai forti incentivi per le rinnovabili.
Sul fronte dell’Europarlamento le commissioni ambiente e industria si sono accordate su un target del 30% di consumo da rinnovabili, oltre che su un un aumento del 40% dell’efficienza energetica. Quest’ultimo però per ora è destinato a rimanere nell’ombra, visto che quello del 20% già fissato per il 2020 non sarà raggiunto e si attende la revisione dell’apposita direttiva. Questo testo inoltre deve ancora passare al vaglio della plenaria del Parlamento europeo a febbraio. Una prima vittoria “non significa una partita vinta in plenaria, – spiega la relatrice della commissione ambiente, l’eurodeputata belga Delvaux (Ppe) – perché sono temi sensibili che dividono i parlamentari, come gli Stati membri e la Commissione stessa”. Ottimista il presidente della commissione ambiente, il socialista tedesco Matthias Groote, secondo cui quella approvata “è una road map realistica” e “il Parlamento europeo fa da apripista, gli Stati membri seguiranno”.
Gli ambientalisti, che chiedono tre obiettivi sostanziosi e vincolanti, si batteranno per l’energia verde. “Nella crisi economica più nera dell’ultimo secolo, uno degli unici settori in grado di crescere, creando innovazione e lavoro, è stato quello delle rinnovabili – spiega Mark Breddy, portavoce di Greenpeace per l’Ue – principalmente grazie all’obiettivo obbligatorio del 20% del 2020”, mentre quello sull’efficienza energetica, l’unico non vincolante, non verrà raggiunto. Il primo banco di prova della strategia al 2030 dell’esecutivo Ue sarà quello dei 28 ministri europei dell’ambiente e dell’energia a marzo, poi dei leader europei. I tempi per trovare l’accordo e preparare una proposta legislativa sono stretti: il mandato di questa Commissione Ue scade a ottobre.
(Fonte: Ansa)
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento