La riforma del Senato secondo Matteo Renzi: non elettivo e di 150 persone

Oggi la segreteria organizzativa del Pd discuterà la bozza di riforma del Senato, su cui c’è il consenso dei principali partiti

6 Febbraio 2014
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Un Senato non elettivosenza indennità150 persone, 108 sindaci dei comuni capoluogo21 presidenti di regione e 21 esponenti della società civile che vengono temporaneamente cooptati dal Presidente della Repubblica per un mandato: sono questi i tratti fondamentali che nel disegno di Renzi, condiviso anche da Verdini e Fitto, dovrebbe avere il nuovo Senato, o meglio, la Camera delle autonomie che “non vota il bilancio, non dà la fiducia, ma concorre all’elezione del presidente della Repubblica e contribuisce all’elezione dei rappresentanti degli organi europei“.
Una riforma su cui, ha detto il sindaco Matteo Renzi dal palco di un convegno di Confindustria a Firenze“c’è il consenso dei principali partiti”“Non basta più accarezzare i problemi, occorre risolverli” – ha tuonato il segretario Pd – ”e la situazione del Parlamento permette una straordinaria occasione, di realizzare riforme chiare”.

E la Direzione del Pd di oggi pomeriggio, ha anticipato Renzi, si concentrerà proprio sulla riforma del Senato, oltre che su quella del Titolo V, che “sarà presentata il giorno in cui la Camera approverà la riforma elettorale” perché il segretario ha bisogno dei voti di Forza Italia se vuole evitare che la riforma venga trascinata a fondo. Un pacchetto – Italicum, nuovo Senato e Titolo V – ”prendere o lasciare” ma con una proposta aperta alla discussione.

E se sulla riforma del Senato c’è l’accordo di tutti i partiti dell’arco costituzionale (ipse dixit), non può dirsi lo stesso per le Province, la cui abolizione con il ddl Delrio langue in Senato, ma “il nostro obiettivo – ha detto il segretario del Pd – è che il 25 maggio non si voti per loro”.
E sempre da Firenze il segretario del Pd non risparmia le città metropolitane“una barzelletta nella discussione politico istituzionale […] Sono vent’anni che sono state costituzionalizzate con il Titolo V, ma sono rimaste un oggetto misterioso. Anzi il ruolo delle città è stato mortificato dalle recenti riforme ed è mancato il passaggio di poteri verso di loro”.

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