Tira un po’ qua tira un po’ là anche la riforma del Senato si aggiusta. L’importante è non scontentare nessuno, e cercare l’equilibrio tra (centro)destra e (centro)sinistra: il gioco di Matteo Renzi è questo, la riforma del Senato alla fine si farà anche se non proprio come era nelle intenzioni del Governo.
Vediamo un po’ la situazione: mercoledì la riforma arriverà in Commissione a Palazzo Madama. In origine Renzi era per il prendere (tutto, e quindi elezione indiretta soprattutto) o lasciare (la riforma stessa). Poi Giorgio Napolitano ha riportato il “ragazzo” a più miti consigli, innestandogli l’idea che un compromesso fosse possibile e soprattutto conveniente per tutti.
E allora si tratta, ma su cosa? Elezione indiretta, meno membri indicati dal Presidente della Repubblica e meno sindaci tra i punti cardine del testo della riforma del Senato. Renzi deve trovare un punto d’incontro per scongiurare che in Aula si scateni la battaglia degli emendamenti.
Gaetano Quagliariello (Ncd) ritiene “una cosa di buon senso” l’apertura di Renzi alle proposte di Calderoli e del lettiano Francesco Russo sull’elettività. In parole semplici, “quando si eleggono i consigli regionali, alcuni consiglieri vengono designati come senatori e poi sarà il Consiglio a scegliere, tra i designati, chi dovrà andare a Palazzo Madama“. Una via di mezzo tra elezione diretta ed elezione di secondo grado, quindi, che (nelle interpretazioni più spinte)prevede appositi listini collegati ai consigli regionali.
Come ha dichiarato ieri sera il premier da Lucia Annunziata a “In mezz’ora”, “i consiglieri individuano al proprio interno quale consigliere regionale va al Senato: questo può essere un punto di mediazione“. Dopo aver lanciato strali contro Grillo e Berlusconi (“sono due facce della stessa medaglia“), il premier ha lasciato intendere che non sarà, questa, l’unica modifica alla riforma.
La rappresentanza dei sindaci, da più parti giudicata spropositata, verrà ridotta a vantaggio delle Regioni.Diminuirà il numero dei senatori nominati dal Capo dello Stato, che nel progetto Boschi sono 21 e che il Nuovo Centrodestra vorrebbe abolire del tutto.
E la rappresentanza regionale verrà riequilibrata: nel d.d.l. del governo Molise e Lombardia hanno lo stesso numero di senatori, mentre la bozza Finocchiaro prevede che il numero di membri sia in rapporto alla popolazione.
Quanto al Titolo V, la clausola di salvaguardia statale sarà a geometria variabile: lo Stato potrà richiamare a sé alcune materie, ma potrà farlo anche solo per certe Regioni e non per altre. Anche le competenze sono state riviste, come richiesto da Berlusconi (che non vuole trasformare il Senato in un “dopolavoro di sindaci”) e dalla minoranza del Pd.
Quindi, in definitiva, ricapitoliamo i punti della Riforma Senato dove Renzi non ammette discussioni ne cambiamenti.I senatori non votano la fiducia, non percepiscono indennità, non votano il bilancio, non vengono eletti dai cittadini.
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