Renzi illustra la riforma della p.a. Sul tavolo del C.d.M. il 13 giugno

Il premier: se il sindacato dei prefetti, l’associazione dei segretari comunali e la lobby dei consiglieri provinciali si oppongono è un problema loro, non nostro

5 Maggio 2014
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Stop a dirigenti pubblici di prima e seconda fascia, possibilità di licenziare il dirigente che rimane privo di incarico per un certo tempo, taglio del 50% ai permessi sindacali. Sono solo alcuni degli ingredienti di quella che il Presidente del Consiglio Renzi ha definito una rivoluzione, un “cambiamento radicale” della pubblica amministrazione, le cui linee guida sono state presentate nel Consiglio dei Ministri del 30 aprile scorso.

Si tratta di una riforma che non sarà “contro lavoratrici e lavoratori” ma discussa al loro fianco e senza tavoli di concertazione con i sindacati. Con l’intenzione di non dar luogo a nessun esubero, di assumere 15mila giovani entro il 2018, “di licenziare i dirigenti senza incarico” e “di stangare i fannulloni”, il premier ha fissato dunque le linee guida del provvedimento che conta di portare in Consiglio dei Ministri il 13 giugno come disegno di legge, anziché decreto.

Nel frattempo, visto che “non abbiamo paura del confronto”, ha spiegato, ci sarà un periodo di consultazione di 40 giorni durante il quale si discuterà dei contenuti con dipendenti e sindacati. La riforma, ha detto al fianco del Ministro della p.a., Marianna Madia, con la quale ha inviato una mail a tutti i lavoratori pubblici esortandoli a proporre idee (inviandole all’indirizzo rivoluzione@governo.it), si sviluppa su 3 assi e 44 punti: “Capitale umano, innovazione e tagli alle strutture non necessarie”. Una manovra, ha detto, che se non passerà rischierà di far “impantanare il Paese”.

E tra le prime necessità il premier vede “l’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio” che “comporta la possibilità di far entrare 10mila giovani nella p”.a. Una stima che a suo avviso però è prudente, visto che “se obblighi tutti ad andare in pensione” in realtà si può salire fino a 14-15mila assunzioni in cinque anni.
Nel provvedimento il premier vede poi l’introduzione della “riduzione del 50% del monte ore per i permessi sindacali”, lo “sblocco del turnover in modo strategico, con entrate selettive per le amministrazione che ne necessitano”, “rendere più rigoroso il sistema di incompatibilità dei magistrati amministrativi” e l’abolizione “delle fasce per la dirigenza”.
In particolare, ha puntualizzato il Ministro Madia, saranno fissati dei tetti sulle retribuzioni ma “senza intervenire sulle fasce intermedie”. E serve una “mobilità che funzioni”, sia “volontaria, ma anche obbligatoria, garantendo dignità al lavoratore”, con riferimento alle retribuzioni e alla ”non lontananza da luogo di lavoro”.

La riforma della p.a. si concentrerà poi sulle misure del cosiddetto “sforbicia-Italia”, che passano dall’accorpamento di Aci, Pra e Motorizzazione civile alla riduzione delle sedi della Ragioneria dello Stato (“non più una sede in ogni provincia”), mentre “le prefetture diventeranno massimo 40”. Sono previsti poi “l’accorpamento delle sovrintendenze e la gestione manageriale dei poli museali” e tagli agli sprechi con la riorganizzazione strategica della ricerca pubblica, con l’aggregazione di 20 enti che svolgono funzioni simili”. Come già emerso nei giorni scorsi, infine, la riforma prevede “l’introduzione del Pin del cittadino” il codice che consente di accedere ai servizi pubblici in via digitale. “Oggi – ha detto Renzi – la pubblica amministrazione parla 13 linguaggi diversi, noi vogliamo che parli un’unica lingua e che lavori su tutto”.
Immediata la risposta a caldo dell’ex ministro della p.a., Renato Brunetta via Twitter: “con questa riforma Renzi fa l’esatto contrario degli 80 euro: rinvia a dopo le elezioni per paura di una reazione contraria dei dipendenti pubblici e delle loro famiglie”. Toni più duri da parte di Renata Polverini (Fi): “Questo è Renzi, l’uomo nuovo che rottama i diritti e riduce a comparsa senza diritto di parola il Ministro della funzione pubblica”. Più accondiscendenti i toni usati da Raffaele Bonanni, segretario Cisl: “se le intenzioni del Governo sono serie, noi saremo della partita”.

Renzi: il sindacato non mi fermerà
“È iniziata la rivoluzione. Una rivoluzione pacifica, ma che le resistenze del sistema non fermeranno”, ha affermato in un’intervista al Corriere della Sera il premier Matteo Renzi, che sottolinea: “sono qui per cambiare il Palazzo; non accetteremo che il Palazzo cambi noi”. “È evidente che una larga parte della classe dirigente ci osteggia. È altrettanto evidente che noi non arretreremo davanti all’obiettivo di garantire ai cittadini” una p.a. in cui si sentano ‘padroni di casa’. Quanto alle resistenze dei sindacati dice: “noi non abbiamo problemi ad ascoltarli. Ma vogliamo negare che occorra un cambio radicale delle regole del lavoro?”. “Sogno un sindacato che, nel momento in cui cerchiamo di semplificare le regole, dia una mano e non metta i bastoni tra le ruote”. Ed avverte: “non sarà un sindacato a fermarci”.
Renzi insiste: “Se l’Italia avrà un sistema burocratico più efficiente, potrà attrarre più investimenti”; “se riusciamo a cambiare l’Italia qui i soldi arrivano a palate”. “Se il sindacato dei prefetti, l’associazione dei segretari comunali e la lobby dei consiglieri provinciali si oppongono è un problema loro, non nostro”.

Madia, scambio tra generazioni e maternità per precarie
Occorre uno scambio tra generazioni per trasferire conoscenze nella pubblica amministrazione ed una estensione dei congedi per maternità a tutte le lavoratrici precarie. Così il Ministro della p.a., Marianna Madia, in una intervista a Skytg24 in cui spiega che ”non è detto che a sapere le cose siano le persone più vicine alla pensione, bisogna valorizzare le generazioni di mezzo, dei 40-50-60enni perché è necessario un incontro tra generazioni” per evitare la ”patologia per cui gli anziani non incontrano i giovani ai quali trasferire conoscenze”.
Sullo spinoso nodo delle prefetture puntualizza che il governo non vuole chiuderle tutte. ”Non diciamo che sono inutili, svolgono un ruolo fondamentale” e il piano del governo è di ridurne il numero, ”accorpandole per migliorarne l’efficacia e l’efficienza”.
Sui tre milioni e mezzo di persone che lavorano nella p.a., afferma invece che ”non sono troppi” anche se ”in media hanno una età troppo elevata”. E proprio sui dipendenti pubblici torna la polemica con l’ex numero uno del dicastero, Renato Brunetta: Madia dice che l’ex ministro della p.a. ha adottato un ”approccio sbagliato” nel cercare di fare la sua riforma. Spiega che ”Brunetta ha pensato di poter fare una riforma contro i dipendenti pubblici” e non contro i meccanismi della p.a., che ”non valorizzano le persone”.
Immediata la replica del capogruppo alla Camera di Forza Italia. ”Povera Marianna Madia, ministro pro tempore e a sua insaputa della Semplificazione e della Pubblica amministrazione”, risponde Brunetta. ”Continua a ripetere banali luoghi comuni non conoscendo affatto la materia che è stata delegata a trattare. Evidentemente non ha studiato, non ha studiato le riforme Cassese, Bassanini, Frattini, per non parlare delle riforme Brunetta”.

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