Quasi otto miliardi di euro in meno in tre anni, un calo pari al 4,5%. A tanto ammonta la riduzione di spesa per i dipendenti pubblici da parte dello Stato italiano: per l’esattezza 7,8 miliardi di euro in meno tra il 2010 e il 2013. I calcoli li ha fatti l’Istat, aggiornandoli secondo le nuove regole europee. In valori correnti, ovvero al di là dell’inflazione, le uscite per i redditi da lavoro dipendente sono scese da 172,548 a 164,747 miliardi di euro.
RETRIBUZIONI LORDE DIMINUITE DI 7 MILIARDI. I nuovi dati hanno quindi confermato la riduzione della spesa per il pubblico impiego, che ha risentito in particolare del blocco del turnover e, soprattutto, del blocco della contrattazione, partito proprio nel 2010. Solo nel 2013 la contrazione è stata pari a 1 miliardo 415 milioni di euro. Guardando nel dettaglio alle retribuzioni lorde, al netto dei contributi versati dallo Stato, le uscite sono diminuite di 6 miliardi e 751 milioni di euro rispetto al 2010: un calo del 5,5%.
RISPARMI ANCHE NEL 2014 E NEL 2015. La sforbiciata sembra però destinata ad ampliarsi, visto che il contratto del pubblico impiego non è stato rinnovato neppure nel 2014, e il 2015 dovrebbe partire in salita, stando alle dichiarazioni del ministro Marianna Madia. Le speranze per la riapertura della contrattazione sono pressoché azzerate, mentre qualche margine nei giorni scorsi è sembrato emergere per scatti di anzianità e progressioni di carriera.
TAGLI MAGGIORI NEGLI ENTI LOCALI. La riduzione dei redditi ha pesato di più sugli impiegati degli enti locali (-6,7%) che su quelli della Pubblica amministrazione centrale (-2,8%). Per i sindacati, i dipendenti pubblici hanno già dato. Il responsabile di settore della Cgil, Michele Gentile, ha avvertito che se «il blocco dei contratti dovesse essere confermato anche nel 2015, ossia per il sesto anno consecutivo, ciò porrebbe anche problemi di carattere costituzionale».
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento