Intimidazioni amministratori locali, la relazione presentata ieri al Senato

Tre minacce al giorno, 143 morti dal 1973. Non solo Sud, ma in Puglia i casi più gravi

4 Marzo 2015
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Bombe, auto incendiate, aggressioni, minacce: nel 2013 sono stati 870 gli atti intimidatori contro sindaci, consiglieri e candidati; una situazione che si è aggravata nei primi quattro mesi del 2014, raggiungendo 395 casi, per un totale di 1.265, 80 al mese, vale a dire quasi tre al giorno. Ma solo in 182 casi si è potuto risalire agli autori. È la fotografia che rivela l’inchiesta della Commissione parlamentare sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, presieduta dalla senatrice Doris Lo Moro, la cui relazione finale, approvata l’altro ieri all’unanimità, è stata presentata ieri a Palazzo Madama. 
Dall’analisi emerge che sono stati 132 gli omicidi di politici locali dal 1974 ad oggi, più altri 11 che, a vario titolo, possono entrare in questo lungo elenco. Tra loro tre donne. Si tratta di amministratori comunali, provinciali e regionali, uccisi prevalentemente dalle mafie, dal terrorismo, ma anche da semplici cittadini che vedevano in loro un ostacolo da abbattere, e “ci sono ancora molti casi cui non si è riusciti a dare una risposta processuale”.

Il tributo di sangue degli amministratori 
Appartenevano a tutti gli schieramenti politici ma vivevano prevalentemente nel sud Italia: Sicilia, Campania e Calabria nel 73% dei casi e in quattro province in particolare: Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Caserta. Il decennio peggiore, gli anni ’80, il decennio della grande mattanza in Calabria, Campania e Sicilia: 61 morti. L’anno peggiore, il 1990: 12 morti, 1 al mese, 8 solo in Calabria. Tra loro Giuseppe Impastato, candidato consigliere comunale a Cinisi (Palermo), ucciso il 9 maggio del 1978; il fratello del Capo dello Stato, Piersanti Mattarella, presidente della Regione Sicilia, ucciso il 6 gennaio del ’80; Pino Amato assessore campano, ucciso nel maggio dello stesso anno in un attentato rivendicato dalle Brigate Rosse. E più di recente, Francesco Fortugno, consigliere regionale calabrese ucciso il 16 ottobre 2005; il sindaco di Pollica Angelo Vassallo (4 settembre 2010); Laura Prati sindaco di Cardano al Campo (Varese, 22 luglio 2013), uccisa per vendetta da un vigile sospeso da servizio e il consigliere comunale di Torino Alberto Musy, morto il 22 ottobre 2013 dopo un lungo periodo di coma.

Gli obiettivi delle intimidazioni 
L’obiettivo prevalente nelle azioni intimidatorie sono i sindaci, cui sono rivolte il 35% del totale degli episodi (446 casi). Dai dati forniti alla Commissione del Senato dalle prefetture, emerge che il 48% degli episodi si è verificato in Comuni di oltre 15 mila abitanti mentre un episodio su quattro in un piccolo comune (meno di 5.000 abitanti). Sardegna e Calabria sono le regioni dove sono più i casi in Comuni piccolissimi (meno di mille abitanti).  
La maggiore concentrazione di intimidazioni più gravi si è avuta in Puglia, dove si sono registrati i più numerosi episodi di auto incendiate (23%), incendi di beni privati (22%), il 38% dei casi con utilizzo di armi da fuoco e il 55% di utilizzo di ordigni esplosivi. In Sicilia si sono verificati il 25% dei casi di danneggiamento mentre la Campania ha il primato per le aggressioni (21%).

Le Regioni più colpite 
E’ la Sicilia, seguita da Puglia, Calabria e Sardegna. Sud ed Isole rappresentano il 63% di tutti i casi nazionali. Colpisce al nord il dato di Torino, 4,4% nella provincia, così come quello nell’area di Roma, 4%; in quella di Napoli il 5,3% dei casi. “Il ruolo di amministratore nel Sud e nelle Isole comporta certamente maggiori pericoli che nel resto del paese anche se non bisogna dimenticare che le ultime due vittime in ordine di tempo erano amministratori di realtà del nord Italia, Laura Prati, sindaco di Cardano al Campo in provincia di Varese e Alberto Musy consigliere comunale di Torino”, si legge nella relazione dei senatori.

Il fenomeno delle dimissioni 
La Commissione evidenzia inoltre “la vera cifra oscura del fenomeno, quello delle dimissioni, che con maggiore facilità sfuggono ad un accertamento cristallizzato: le dimissioni come effetto delle intimidazioni, del condizionamento pieno dell’attività politica ed amministrativa”, e al riguardo non ci sono dati certi: ciò che è possibile acquisire con certezza è il dato medio annuo dei Comuni italiani sciolti anticipatamente a partire dal 1993 che è intorno al 2,5% con le punte massime che riguardano la Puglia (7,4%), la Campania (6,3%) e la Calabria (5,1%).

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