A sedici anni dall’ultima legge per incentivare l’uso della bicicletta – la legge n. 366 del 1998 – la Commissione Trasporti alla Camera prova a fare un passo in avanti con l’incardinamento – mercoledì scorso – di una proposta di legge Pd “per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica”.
Nella sua relazione illustrativa il relatore Paolo Gandolfi (Pd), per argomentare la necessità di incentivare l’uso della bici nelle città, ha evidenziato come, secondo dati Euromobility del 2012, “l’Italia ha il maggior indice di motorizzazione privata in Europa con 61 veicoli ogni 100 abitanti. Meritevole di incentivo – ha aggiunto poi – risulta inoltre essere anche il turismo in bicicletta, una forma di turismo sostenibile che non risente molto della crisi economica e che muove in Europa ogni anno oltre 10 milioni di persone”. La proposta sembra puntare molto sulla pianificazione.
“Un primo punto qualificante del progetto di legge è rappresentato dalla previsione di un piano generale della mobilità ciclistica che deve costituire parte integrante del piano generale dei trasporti previsto dalla legge n. 245 del 1984 e deve essere adottato sulla base dei piani regionali della mobilità”, ha spiegato Gandolfi in commissione. Il piano deve contenere gli obiettivi annuali di sviluppo del trasporto ciclistico nei tre anni successivi e deve essere aggiornato annualmente, prevedendo inoltre al riparto tra le Regioni delle risorse del fondo nazionale per la mobilità ciclistica. È all’interno di questo piano nazionale che trova collocazione la Rete nazionale di percorribilità ciclistica.
Ad occuparsi della realizzazione di questa rete cicloturistica nazionale – che dovrà collegare parchi, passare sugli argini dei fiumi, passare sulle cosiddette strade bianche – sarà in particolare l’istituendo Dipartimento per la mobilità ciclistica che – all’interno del Ministero per i trasporti – avrà, in particolare, funzioni di coordinamento. A queste Rete cicloturistica possono essere collegati gli articoli sul riuso delle ferrovie dismesse e degli argini dei fiumi per la realizzazione di piste ciclabili.
In realtà una previsione del genere si trova anche nella vecchia legge del 1998 e forse è anche per questo che il relatore ha rilevato “l’opportunità di un attento coordinamento della proposta con quanto già previsto in materia dalla legge n. 366 del 1998“. Sulla legge di 16 anni fa interviene anche la norma che estende alle autostrade e alle strade extraurbane principali di nuova costruzione, o oggetto di manutenzione, l’obbligo (oggi ancora poco rispettato) di realizzazione di un pista ciclabile. Una serie di articoli prevede poi altri piani pluriennali a livello locale (regioni, province, comuni e città metropolitane) per incentivare soprattutto la mobilità urbana.
Una norma, in particolare, prevede che “i soggetti privati sono incentivati, previe intese con gli enti pubblici competenti, a installare strutture attrezzate per l’integrazione del trasporto pubblico con la bicicletta, nonché a prevedere agevolazioni per i propri dipendenti che utilizzano la bicicletta per recarsi al lavoro”.
Tra le altre un’altra norma prevede che i comuni sede di stazioni ferroviarie, di autostazioni o di stazioni metropolitane realizzino in prossimità delle velostazioni costituite da adeguati centri per il deposito custodito, l’assistenza tecnica e l’eventuale servizio di noleggio di biciclette. Per fare questo i comuni dovranno stipulare convenzioni con le aziende che gestiscono le stazioni ferroviarie, le autostazioni o le stazioni metropolitane.
Inoltre, ancora in ambito urbano i comuni, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, “inseriscono nei regolamenti edilizi norme per la realizzazione di spazi comuni e attrezzati per il deposito di biciclette negli edifici adibiti a residenza e ad attività terziarie o produttive nonché nelle strutture pubbliche”. Si prevede inoltre che i comuni destinino allo sviluppo della mobilità sostenibile parte dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie e degli oneri di urbanizzazione loro spettanti.
Sui finanziamenti interviene in particolare l’articolo 14 della p.d.l. prevedendo, in primo luogo, il rifinanziamento del Fondo nazionale per la mobilità ciclistica con stanziamenti aggiuntivi non inferiori al 2% degli stanziamenti complessivi previsti per infrastrutture viarie e ferroviarie, oltre che con risorse provenienti da programmi regionali finanziati da fondi Ue. “Si tratta però di un’individuazione delle fonti di copertura che può risultare troppo generica e che pertanto sarebbe forse opportuno precisare”, ha sostenuto Gandolfi in commissione.
Altra fonte di finanziamento prevista deriva dai fondi del Mit e dai proventi di sponsorizzazioni, lasciti e donazioni liberali per il finanziamento della mobilità ciclistica. Appare abbastanza certo che questa proposta di legge verrà abbinata ad altre già depositate alla Camera che affrontano il tema e che la IX commissione a Montecitoriodeciderà – come proposto dallo stesso relatore – di istituire un comitato ristretto per arrivare ad un testo unificato sul quale eventualmente fare un giro di audizioni e presentare in seguito gli emendamenti.
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