Entra ufficialmente in vigore il divorzio breve. Da oggi, è possibile accedere alla nuova legge che prevede come, in soli sei mesi, i coniugi possano concludere le pratiche per la separazione. Le nuove disposizioni hanno valore retroattivo, dunque valgono anche per le cause attualmente in corso.
Si tratta di un cambiamento epocale nella disciplina del divorzio, secondo solo al referendum che ne sancì l’entrata definitiva nell’ordinamento nel 1974, diversi anni dopo l’approvazione.
E il testo definitivamente accolto dal Parlamento lo scorso 23 aprile – e pubblicato in Gazzetta ufficiale solo il giorno 11 maggio scorso come legge 6.5.2015, n. 55 – va a modificare proprio quegli articoli del Codice civile relativi ai tempi necessari per chiudere le pratiche del divorzio. Insomma, non ci sarà più il famoso obbligo dei tre anni.
I casi rimarranno comunque due:
- se la separazione è consensuale, allora il divorzio sarà davvero brevissimo. In soli sei mesi marito e moglie potranno definitivamente dirsi addio;
- se la separazione avviene per via giudiziale, invece, il termine è quello di 12 mesi.
Entrambe le scadenze decorrono dalla data di presentazione dei coniugi al cospetto del presidente del Tribunale: rimane, comunque, sempre possibile trasformare la separazione per controversia nella più comoda – ed economica – soluzione dell’addio consensuale.
Così procedendo, allora, la nuova legge dispone che la comunione legale venga sciolta nel momento in cui il Presidente del Tribunale autorizza i due coniugi a vivere in residenze separate, oppure che, qualora si proceda con separazione consensuale la fine degli effetti civili avvenga nel momento in cui i due ormai ex marito e moglie sottoscrivono il processo verbale, di fronte allo stesso giudice, che dovrà concedere l’omologazione.
Allo stesso modo, verrà comunicata la fine del matrimonio civile all’ufficiale di Stato responsabile nel Comune di residenza, affinché vengano concluse le pratiche per il divorzio.
Procedimenti in corso
L’articolo 3 della legge dispone che le nuove norme vengano applicate ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della riforma, anche nei casi in cui il procedimento di separazione che ne costituisce il presupposto risulti, in quella data, ancora pendente.
Matrimonialisti, una rivoluzione per l’Italia
Una “rivoluzione copernicana” per il nostro Paese “dove, in passato, bisognava attendere anche fino a 7 anni per divorziare”. Così l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’associazione avvocati matrimonialisti italiani (Ami), definisce la riforma sul divorzio breve che ‘abbatte’ i tempi per passare dalla separazione al divorzio. “È un primo passo – auspica Gassani – verso una riforma più radicale, con cui la separazione potrebbe diventare facoltativa e non obbligatoria per divorziare. In alcuni Paesi europei, infatti, è possibile già il divorzio diretto”.
Il presidente degli avvocati matrimonialisti esprime però qualche perplessità sulla durata minima di 12 mesi, nei casi di separazione giudiziale, del periodo per poter chiedere il divorzio: “non mi convince – afferma – è uno slogan inapplicabile, data la lentezza e la complessità dei procedimenti civili nel nostro Paese”. Difficile fare delle stime su quante coppie, da martedì prossimo – giorno in cui la legge sul divorzio breve entra in vigore – saranno interessate dalla nuova normativa: “il provvedimento legislativo può riguardare da 50mila a 300mila procedimenti, una forbice molto ampia dovuta al fatto che non tutti in Italia intendono passare dalla separazione al divorzio. Ogni anno in media ci sono 90mila separazioni ma solo 50mila divorzi”.
I vantaggi che la nuova legge porterà a chi si trova a vivere la fine di un matrimonio saranno soprattutto di carattere psicologico e sociale: il divorzio breve, secondo Gassani “porterà ad evitare le asprezze che aumentano tra i coniugi nel periodo molto duro che si vive in attesa di una sentenza e sarà un incentivo alle separazioni consensuali, nelle quali c’è bisogno solo di pochi mesi per definire la situazione”.
Inoltre, la nuova legge segnerà uno “stop”, sottolinea il presidente dell’Ami, per il cosiddetto “turismo divorzile”, che finora ha coinvolto circa 10mila coppie: “le norme Ue consentono che un cittadino che prende la residenza all’estero per 6 mesi – ricorda Gassani – possa rivolgersi per le controversie civili al giudice di quel Paese, ora non ce ne sarà più bisogno”.
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