La vicenda
È oggetto di contestazione l’ordinanza con la quale il sindaco, a seguito di una ispezione da parte dell’Asl su un fondo di proprietà privata dalla quale emergeva che erano ivi collocati “dodici cani di varia taglia, età e sesso, detenuti in parte liberi e in parte rinchiusi in recinti, tutti sprovvisti di microchip, in sufficiente stato di salute ma lo stato igienico-sanitario dei luoghi risultava carente per la presenza di manufatti e materiali non compatibile con la presenza degli animali”, ordinava la riduzione del numero dei cani ad un numero massimo di sette, tutti maschi o tutti femmine, di effettuare la pulizia straordinaria dei luoghi, ripristinare le recinzioni per gli animali e a notificare al Servizio Veterinario il luogo o il canile ove saranno spostati gli altri animali. Il ricorrente lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 50, commi 5 e 54, comma 2, del d.lgs. 267/2000.
La pronuncia del TAR
Il TAR Campania, con la sentenza n. 5752 del 2015, accoglie il ricorso, evidenziando che, nel caso di specie, difettano i requisiti di accidentalità, imprescindibilità ed eccezionalità della situazione alla quale le ordinanze dovrebbero far fronte, in quanto la situazione denunciata perdura da diversi anni e si inserisce, senza picchi di urgente impellenza di intervento, in una consolidata e duratura stratificazione relazionale. Non si può certo escludere – precisa il Collegio – che in presenza di una eventuale situazione irregolare di collocazione degli animali, l’amministrazione possa intervenire ma il Sindaco avrebbe dovuto utilizzare i poteri ordinari e tipici d’ufficiale sanitario concessigli dall’ordinamento ovvero attraverso l’esercizio di poteri gestionali connessi a profili di tutela della salute e del territorio demandati ai competenti uffici amministrativi.
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