La vicenda
Alcuni amministratori comunali ricorrono contro il decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio comunale, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18.8.2000, n. 267, deducendo, nella sostanza, che i fatti e le circostanze poste a fondamento della misura dissolutoria del consiglio comunale non configurerebbero elementi“concreti, univoci e rilevanti” agli effetti della sussistenza di “collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori”, ovvero di “forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità” dell’amministrazione comunale “nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”, secondo quanto previsto all’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000, nel testo novellato dall’art. 2, comma 30, della legge n. 94 del 2009.
La pronuncia del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 256 del 2016, respinge il ricorso. L’esame della fattispecie porta il Collegio a ribadire alcuni criteri consolidati inerenti alla valutazione della concretezza, univocità e rilevanza dei fatti accertati; valutazione che va svolta non atomisticamente e partitamente ad ogni singolo elemento, accadimento, circostanza cui l’istruttoria compiuta abbia ricondotto la sussistenza dei presupposti di cui dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 e successive modificazioni, ma ad una valutazione complessiva del coacervo di elementi acquisiti, che nel loro complesso siano riferibili a fatti di cui è stato accertato l’accadimento storico (requisito di concretezza); che in base al prudente apprezzamento dell’amministrazione esprimano, con adeguato grado di certezza, le situazioni di condizionamento e di ingerenza nella gestione dell’ente che la norma ha inteso prevenire (requisito dell’ univocità) e siano pertanto “rilevanti” agli effetti predetti.
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