La vicenda
Un’impresa veniva esclusa dalla gara indetta dal comune per l’affidamento del servizio di igiene urbana, per “errore grave nell’esercizio della loro attività professionale” ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), cod. contratti pubblici, avendo reso una dichiarazione non vera in sede di procedura di affidamento. In particolare, l’amministrazione considerava a questo fine il precedente costituito dalla revoca dell’aggiudicazione di un precedente contratto per lo stesso servizio, a causa della falsa dichiarazione commessa dal socio di maggioranza e direttore tecnico. L’impresa concorrente ricorre contro il provvedimento di esclusione, rilevando come non sussisterebbe alcun grave errore professionale, dal momento che la revoca (recte: annullamento in autotutela) del precedente contratto è stato pronunciata per false dichiarazioni rese in sede di gara, e non già per inadempienze contrattuali commesse nella successiva fase dell’esecuzione del contratto stesso, le quali non hanno infatti impedito alla stessa di beneficiare di una proroga del precedente affidamento e di ottenere il certificato di regolare esecuzione del servizio. Il ricorso in primo grado veniva respinto; faceva seguito la proposizione dell’appello.
La pronuncia del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 771 del 2016, accoglie l’appello, dichiarando quindi illegittima l’esclusione disposta sulla base di una falsa dichiarazione resa in sede di procedura di affidamento. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, cui il Collegio intende dare continuità, la causa ostativa prevista dall’art. 38, comma 1, lettera f), cod. contratti pubblici, si fonda su inadempienze commesse necessariamente nella fase di esecuzione di un contratto d’appalto, mentre sono esclusi fatti verificatisi nel corso della prodromica procedura di gara.
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