Il Consiglio di Stato con sentenza n. 702/2016 ha stabilito che “laddove non sussistano evidenti violazioni delle prescrizioni urbanistiche di piano che impediscano la sanatoria di opere edilizie realizzate nel tempo e adeguate alle necessità dell’impresa, l’amministrazione non può sic et simpliciter precludere l’esercizio dell’attività produttiva ma – in collaborazione con l’interessato – deve definire la preliminare questione dell’adeguamento degli immobili alle prescrizioni di piano, dando seguito alla istanza di sanatoria ordinaria e/o straordinaria presentata dall’interessato”.
Il fatto
Con ricorso al TAR Lazio una società s.r.l., titolare dell’esercizio di vendita all’ingrosso di materiale edile, impugnava la determinazione dirigenziale con la quale il Comune, per motivi di natura urbanistico edilizia, aveva disposto la sospensione dell’attività commerciale.
Il Comune aveva rilevato che l’attività si svolgeva in manufatti irregolari dal punto di vista urbanistico edilizio, in quanto la domanda di condono edilizio presentata dalla società nel 1987 (ai sensi della legge n. 47/1985) riguardava solo una parte del complesso immobiliare utilizzato per l’attività commerciale, mentre la restante parte della superficie coperta non era stata richiesta all’amministrazione nemmeno la sanatoria.
Di conseguenza il Comune non rilasciava il nulla osta tecnico all’esercizio dell’attività commerciale.
Il TAR Lazio con sentenza respingeva il ricorso, con condanna della società ricorrente alle spese di giudizio. Ad avviso del TAR l’ordine di chiusura dell’attività doveva ritenersi legittima, sulla base dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale nel rilascio dell’autorizzazione commerciale occorre tenere presenti gli aspetti di conformità edilizia dei locali in cui l’attività si va a svolgere, con la conseguenza che il diniego dell’esercizio dell’attività di commercio deve ritenersi legittimo ove fondato su rappresentate e accertate ragioni di abusività e/o non regolarità delle opere edilizie con le prescrizioni urbanistiche.
La società faceva appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR.
La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato accoglie l’appello.
I giudici, dando per presupposto che la società avesse presentato tempestivamente la domanda di condono edilizio e di sanatoria edilizia, il cui procedimento non era ancora concluso, rilevava il fatto che il caso in esame precludeva l’applicazione dei principi richiamati dal TAR, che impongono la conformità alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie degli immobili utilizzati a fini produttivi e sanzionano con la cessazione dell’attività la mancanza di tale conformità.
La cessazione dell’attività commerciale è stata adottata per motivi di natura prettamente edilizia, malgrado la conformità urbanistico edilizia fosse ancora oggetto di esame da parte del Comune, che non aveva adottato alcuna determinazione definitiva.
Tale circostanza implica la intrinseca illegittimità dell’ordine di sospensione e cessazione dell’attività esercitata dalla società.
Di conseguenza viene accolto il ricorso e annullati gli atti dell’amministrazione comunale.
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