I provvedimenti che riformano le partecipate pubbliche e i servizi locali hanno accolto una serie di ritocchi che puntano a rafforzarne l’effetto “razionalizzatore”, sia nel numero delle società pubbliche sia nel loro peso economico, e per quel che riguarda il personale delle controllate arrivano a una replica esatta del meccanismo introdotto per le Province. I tagli di personale potranno dipendere da due fattori. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della riforma, prima di tutto, le Pa dovranno individuare le società da alienare perché non più in linea con i nuovi requisiti, perché non lavorano in uno dei settori “consentiti” (servizi di interesse generale, opere pubbliche, beni strumentali eccetera), oppure perché rientrano in una delle categorie che i nuovi piani di realizzazione imporranno di dismettere, dopo gli inviti dell’anno scorso. Si tratta, per esempio, delle mini società (fatturato non superiore al milione di euro negli ultimi tre anni), delle società doppione o di quelle che, fuori dai servizi di interesse generale, hanno chiuso in rosso 4 degli ultimi 5 bilanci. Nel campo delle controllate, ed è questa la seconda fonte di “esuberi”, tutte le società saranno chiamate entro sei mesi a censire il proprio personale per individuare le eventuali eccedenze. Per i profili assenti dagli elenchi, le controllate potranno effettuare assunzioni “normali”, ma dopo aver ottenuto il via libera della Funzione pubblica. Nei casi in cui una controllata perderà l’affidamento di un servizio dopo una gara, poi, viene prevista l’applicazione del trasferimento d’azienda (Dlgs 276/2003) per il personale: entro sei mesi, del resto, tutti gli in house dovranno essere messi sotto esame per dimostrare che rispettano le nuove regole. Quando invece il servizio viene reinternalizzato, l’amministrazione dovrà riassorbire i suoi ex dipedenti passati alla società prima di poter effettuare nuove assunzioni.
Anche la dieta per i cda sembra rafforzata rispetto alle prime bozze, perché il “suggerimento” per l’amministratore unico viene rafforzato: secondo gli ultimi testi, infatti, a decidere se mantenere o meno il consiglio non sarà una delibera della società ma un decreto di Palazzo Chigi, chiamato a stabilire i parametri (prima di tutto in termini di valore della produzione e numero di dipendenti) da superare per poter avere un cda da 3 o 5 componenti.
Novità importanti si affacciano poi sul ruolo della Corte dei conti, su cui era stato lanciato l’allarme degli amministratori contabili: ieri s’è lavorato all’ipotesi di mantenere la possibilità di contestare il danno erariale agli amministratori delle società controllate titolari di affidamenti diretti, mentre si chiarisce che in caso di creazione di nuove società o acquisto di partecipazioni (anche indirette) la delibera va inviata prima alla Corte per la verifica sul rispetto dei parametri di legge, e solo dopo all’Antitrust.
Altra novità nell’ultimo testo in circolazione riguarda il controllo delle partecipate statali: non sranno più un’esclusiva dell’Economia ma spunta un “concerto con altri ministeri competenti”. Infine il nuovo organo di vigilanza, cui è affidato l’enforcement delle nuove regole, sia in fase di prima applicazione sia a regime: solo oggi si saprà se verrà collocato a palazzo Chigi o al ministero dell’Economia.
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