Le presenti considerazioni attengono alla ricerca delle più corrette modalità di applicazione delle vigenti normative in materia di controlli delle Certificazioni Verdi Covid-19 ai dipendenti comunali ultracinquantenni.
In primis occorre un richiamo alle principali disposizioni applicabili in materia e nello specifico:
Con d.l. 7 gennaio 2022, n. 1, art. 1, rubricato “Estensione dell’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2” sono state apportate modifiche al decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, introducendovi nuovi articoli come segue:
D.l. 1° aprile 2021, n. 44 conv. con mod. in l. 28 maggio 2021, n. 76:
- Art 4-quater “Estensione dell’obbligo di vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 agli ultra cinquantenni”
“1. Dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al 15 giugno 2022, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, di cui all’articolo 3-ter, si applica ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell’Unione europea residenti nel territorio dello Stato, nonche’ ai cittadini stranieri di cui agli articoli 34 e 35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di eta’, fermo restando quanto previsto dagli articoli 4, 4-bis e 4-ter.
- L’obbligo di cui al comma 1 non sussiste in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale dell’assistito o dal medico vaccinatore, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2; in tali casi la vaccinazione puo’ essere omessa o differita. L’infezione da SARS-CoV-2 determina il differimento della vaccinazione fino alla prima data utile prevista sulla base delle circolari del Ministero della salute.
- La disposizione di cui al comma 1 si applica anche a coloro che compiono il cinquantesimo anno di eta’ in data successiva a quella di entrata in vigore della presente disposizione, fermo il termine del 15 giugno 2022, di cui al comma 1.”
- 4-quinquies “Estensione dell’impiego dei certificati vaccinali e di guarigione sui luoghi di lavoro”
“1. A decorrere dal 15 febbraio 2022, i soggetti di cui agli articoli 9-quinquies, commi 1 (personale delle amministrazioni pubbliche, ndr.) e 2, 9-sexies, commi 1 e 4, e 9-septies, commi 1 e 2, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, ai quali si applica l’obbligo vaccinale di cui all’articolo 4-quater, per l’accesso ai luoghi di lavoro nell’ambito del territorio nazionale, devono possedere e sono tenuti a esibire una delle certificazioni verdi COVID-19 di vaccinazione o di guarigione di cui all’articolo 9, comma 2, lettere a), b) e c-bis) del decreto-legge n. 52 del 2021[1].
- I datori di lavoro pubblici di cui all’articolo 9-quinquies del decreto-legge n. 52 del 2021, i datori di lavoro privati di cui all’articolo 9-septies del decreto-legge n. 52 del 2021, i responsabili della sicurezza delle strutture in cui si svolge l’attivita’ giudiziaria di cui all’articolo 9-sexies del decreto-legge n. 52 del 2021, sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1 per i soggetti sottoposti all’obbligo di vaccinazione di cui all’articolo 4-quater che svolgono la propria attività lavorativa nei rispettivi luoghi di lavoro. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 di cui al comma 1 sono effettuate con le modalita’ indicate dall’articolo 9, comma 10, del decreto-legge n. 52 del 2021.
- La verifica del possesso delle certificazioni verdi COVID-19 di cui al comma 1 da parte dei soggetti sottoposti all’obbligo di vaccinazione di cui all’articolo 4-quater che svolgono la loro attivita’ lavorativa, a qualsiasi titolo, nei luoghi di lavoro e’ effettuata dai soggetti di cui al comma 2, nonche’ dai rispettivi datori di lavoro.
- 4. I lavoratori di cui ai commi 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 di cui al comma 1 o che risultino privi della stessa al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione della predetta certificazione, e comunque non oltre il 15 giugno 2022. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo, non sono dovuti la retribuzione ne’ altro compenso o emolumento, comunque denominati. Per le imprese, fino al 15 giugno 2022, si applica l’articolo 9-septies, comma 7, del medesimo decreto-legge n. 52 del 2021.
- E’ vietato l’accesso dei lavoratori di cui al comma 1 ai luoghi di lavoro in violazione dell’obbligo di cui al predetto comma 1.
- La violazione delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 5 e’ sanzionata ai sensi dell’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. La sanzione e’ irrogata dal prefetto e si applicano, per quanto non stabilito dal presente comma, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili. Per le violazioni di cui al comma 5, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 e’ stabilita nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 1.500 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore.
- Per il periodo in cui la vaccinazione e’ omessa o differita, il datore di lavoro adibisce i soggetti di cui all’articolo 4-quater, comma 2, a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
- (omissis)
- 4-sexies “Sanzioni pecuniarie”
- In caso di inosservanza dell’obbligo vaccinale di cui all’articolo 4 -quater , si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di euro cento in uno dei seguenti casi:
- a) soggetti che alla data del 1° febbraio 2022 non abbiano iniziato il ciclo vaccinale primario;
- b) soggetti che a decorrere dal 1° febbraio 2022 non abbiano effettuato la dose di completamento del ciclo vaccinale primario nel rispetto delle indicazioni e nei termini previsti con circolare del Ministero della salute;
- c) soggetti che a decorrere dal 1° febbraio 2022 non abbiano effettuato la dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario entro i termini di validità delle certificazioni verdi COVID-19 previsti dall’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87.
- La sanzione di cui al comma 1 si applica anche in caso di inosservanza degli obblighi vaccinali di cui agli articoli 4, 4 -bis e 4 -ter .
- L’irrogazione della sanzione di cui al comma 1, nella misura ivi stabilita, è effettuata dal Ministero della salute per il tramite dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, che vi provvede, sulla base degli elenchi dei soggetti inadempienti all’obbligo vaccinale periodicamente predisposti e trasmessi dal medesimo Ministero, anche acquisendo i dati resi disponibili dal Sistema Tessera Sanitaria sui soggetti assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale vaccinati per COVID-19, nonché su quelli per cui non risultano vaccinazioni comunicate dal Ministero della salute al medesimo sistema e, ove disponibili, sui soggetti che risultano esenti dalla vaccinazione. Per la finalità di cui al presente comma, il Sistema Tessera Sanitaria è autorizzato al trattamento delle informazioni su base individuale inerenti alle somministrazioni, acquisite dall’Anagrafe Nazionale Vaccini ai sensi dell’articolo 3, comma 5 -ter , del decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 marzo 2021, n. 29, nonché al trattamento dei dati relativi agli esenti acquisiti secondo le modalità definite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 9 -bis , comma 3, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87.
- (omissis)
****
È immediata ed evidente, rispetto all’articolo che precede, la differente formulazione dell’art. 4-ter[2] d.l. 44/2021, disposizione pure dedicata all’estensione dell’obbligo vaccinale ma a categorie particolari di lavoratori, ovverosia al personale della scuola, del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, degli organismi della legge n. 124 del 2007, delle strutture di cui all’articolo 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e degli Istituti penitenziari:
- 4-ter “Obbligo vaccinale per il personale della scuola, del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, degli organismi della legge n. 124 del 2007, delle strutture di cui all’articolo 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 degli Istituti penitenziari.”
- Dal 15 dicembre 2021, l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 di cui all’articolo 3-ter, da adempiersi, per la somministrazione della dose di richiamo, entro i termini di validita’ delle certificazioni verdi COVID-19 previsti dall’articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 52 del 2021, si applica anche alle seguenti categorie:
- a) personale scolastico del sistema nazionale di istruzione, delle scuole non paritarie, dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, dei centri provinciali per l’istruzione degli adulti, dei sistemi regionali di istruzione e formazione professionale e dei sistemi regionali che realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore;
- b) personale del comparto della difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, nonche’ degli organismi di cui agli articoli 4, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 124;
- c) personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attivita’ lavorativa nelle strutture di cui all’articolo 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ad esclusione di quello che svolge attivita’ lavorativa con contratti esterni, fermo restando quanto previsto dagli articoli 4 e 4-bis;
- d) personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attivita’ lavorativa alle dirette dipendenze del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria o del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunita’, all’interno degli istituti penitenziari per adulti e minori.
- La vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attivita’ lavorative dei soggetti obbligati ai sensi del comma 1. I dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni di cui al comma 1, lettera a), i responsabili delle strutture in cui presta servizio il personale di cui al comma 1, lettere b), c) e d), assicurano il rispetto dell’obbligo di cui al comma 1. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 4, commi 2 e 7.
- I soggetti di cui al comma 2 verificano immediatamente l’adempimento del predetto obbligo vaccinale[3] acquisendo le informazioni necessarie anche secondo le modalita’ definite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87. Nei casi in cui non risulti l’effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalità stabilite nell’ambito della campagna vaccinale in atto, i soggetti di cui al comma 2 invitano, senza indugio, l’interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione oppure l’attestazione relativa all’omissione o al differimento della stessa ai sensi dell’articolo 4, comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione da eseguirsi in un termine non superiore a venti giorni dalla ricezione dell’invito, o comunque l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale di cui al comma 1. In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, i soggetti di cui al comma 2 invitano l’interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale. In caso di mancata presentazione della documentazione di cui al secondo e terzo periodo i soggetti di cui al comma 2 accertano l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne danno immediata comunicazione scritta all’interessato. L’atto di accertamento dell’inadempimento determina l’immediata sospensione dal diritto di svolgere l’attivita’ lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati. La sospensione e’ efficace fino alla comunicazione da parte dell’interessato al datore di lavoro dell’avvio o del successivo completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo, e comunque non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021.
- (omissis)
- Lo svolgimento dell’attivita’ lavorativa in violazione dell’obbligo vaccinale di cui al comma 1 e’ punito con la sanzione di cui al comma 6 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza. Le disposizioni di cui al primo periodo si applicano anche in caso di esercizio della professione o di svolgimento dell’attivita’ lavorativa in violazione degli obblighi vaccinali di cui agli articoli 4 e 4-bis.
- La violazione delle disposizioni di cui al comma 2 e’ sanzionata ai sensi dell’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. La sanzione e’ irrogata dal prefetto e si applicano, per quanto non stabilito dal presente comma, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili. Per le violazioni di cui al comma 5, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 e’ stabilita nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 1.500.”
****
Riportati gli articoli di riferimento, è possibile effettuare un confronto ed un paragone tra le due diverse fattispecie:
- L’art. 4-ter d.l. 44/2021 introdotto dal D.L. 172/2012, che prevede l’obbligo vaccinale per particolari categorie di lavoratori, presumibilmente in relazione all’oggetto peculiare di servizio pubblico da rendere alla collettività;
- L’art. 4-quinquies d.l. 44/2021, introdotto con art. 1 d.l. 7 gennaio 2022, che prescrive l’obbligo di possesso ed esibizione della Certificazione verde Covid-19 da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni soggetti ad obbligo vaccinale in quanto ultracinquantenni;
Infatti, già da un punto di vista letterale:
- la prima disposizione (art. 4ter) prescrive che i soggetti tenuti al controllo del possesso delle Certificazioni Verdi “verificano immediatamente l’adempimento del predetto obbligo vaccinale acquisendo le informazioni necessarie” (senza condizioni, ndr);
- la seconda (art. 4quinquies), espressamente prevede, al comma 2, che i datori di lavoro pubblici “sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1 per i soggetti sottoposti all’’obbligo di vaccinazione cui all’articolo 4-quater che svolgono la propria attività lavorativa nei rispettivi luoghi di lavoro”, e ancora, al comma 3, che: “il possesso delle certificazioni verdi covid-19 di cui al comma 1 da parte dei soggetti sottoposti all’obbligo di vaccinazione di cui all’articolo 4-quater che svolgono la loro attività lavorativa, a qualsiasi titolo, nei luoghi di lavoro, è effettuata dai soggetti di cui al comma 2, nonché dai rispettivi datori di lavoro”.
Infine, al comma 4 del medesimo art. 4-quinquies d.l. 44/2021 è anche previsto che: “I lavoratori di cui ai commi 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde covid-19 di cui al comma 1 o che risultino privi della stessa al momento di accesso ai luoghi di lavoro, (…) sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione della predetta certificazione, e comunque non oltre il 15 giugno 2022. (…) ed al comma 5 che “è vietato l’accesso dei lavoratori di cui al comma 1 ai luoghi di lavoro in violazione dell’obbligo di cui al predetto comma 1”
Ai sensi di tale seconda disposizione dunque, il dipendente deve risultare dotato della certificazione verde Covid-19 al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro o, in alternativa, potrebbe già anticipatamente, in maniera spontanea, comunicare di esserne privo.
Dalla lettera della disposizione sembra emergere che il lavoratore possa pertanto anche non comunicarlo ove ad esempio già collocato in ferie o in permesso ex L. 104/1992 o altro permesso previsto dalla legge e dunque ove non presente nei luoghi di lavoro, senza svolgimento alcuno di attività lavorativa.
Caso diverso è, evidentemente, quello dello smart working, in cui il dipendente, benché non presente in ufficio, svolge comunque attività lavorativa.
Da questo punto di vista è necessario tener conto in primo luogo della vigente normativa e regolazione (circolari, linee guida ecc) in materia, la quale prevede l’obbligo di prevalente prestazione dell’attività lavorativa in presenza[4], dal quale consegue che il 51% del totale della prestazione lavorativa debba necessariamente essere svolta nei luoghi di lavoro, con tutte le certificazioni richieste dalla legge.
In secondo luogo, e forse ancor più importante, va considerato che il datore di lavoro pubblico non può adottare metodi di organizzazione del lavoro e modalità di impiego delle risorse umane tali da eludere obblighi di legge, compreso l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni. Lo smart working infatti non è un diritto in sé, bensì va autorizzato e progettualizzato dal datore di lavoro, il quale cautelativamente non dovrebbe collocare ultracinquantenni in smart working senza previa verifica del possesso della certificazione verde Covid-19 da vaccinazione o da guarigione richiesta dalla legge. In tal senso depone anche la FAQ del Ministero della Funzione pubblica[5] che chiarisce come il lavoro agile sia “uno strumento di carattere organizzativo ed una modalità di rendere la prestazione di lavoro”, motivo per cui “Se al lavoratore non è consentito rendere la prestazione di lavoro per mancato possesso del green pass, è dunque inibito anche il lavoro agile”. Tale indicazione fu adottata nel momento in cui venne introdotto l’obbligo del c.d. “Green Pass Base” per l’accesso ai luoghi di lavoro (ed in cui era pertanto sufficiente l’effettuazione di un test antigenico rapido o molecolare) ma la ratio sottesa alla stessa permane, chiarendo come un obbligo previsto ai fini dell’effettuazione della prestazione lavorativa debba ritenersi sussistente anche quando tale prestazione sia resa al di fuori dei luoghi di lavoro.
Per quanto detto, il consiglio in diritto ed operativo è che il datore di lavoro, prima di collocare il dipendente in smart working, sempre nel rispetto delle norme e delle regolazioni vigenti, verifichi che tale dipendente sia in possesso delle certificazioni prescritte dalla legge per lo svolgimento della prestazione lavorativa. Diversamente si avrebbe peraltro anche una forma di disparità di trattamento sia nei confronti dei lavoratori “non smartizzabili”, che non possono effettuare la prestazione in modalità agile per la natura intrinseca della stessa, sia nei confronti di quelli che diligentemente hanno ottemperato all’obbligo vaccinale.
Va ricordato che le politiche comunali devono mirare a rispettare la regola del legislatore nazionale, teleologicamente orientata a perseguire la vaccinazione di tutti i cittadini e, in particolare, dei dipendenti pubblici. Appare infatti evidente che l’attuale Governo e la politica nazionale ed internazionale vedano la vaccinazione quale forma di tutela della “salute pubblica”. Gli atti organizzativi dell’Ente resi in qualità di Dirigente e di datore di lavoro pubblico devono pertanto conformarsi a tale approccio e costituire una risposta solidaristica sostanzialmente e formalmente ispirata sia ai doveri puntuali previsti dal legislatore nazionale, sia ai doveri inderogabili di solidarietà riconosciuti (cfr. art. 2 Cost.).
Detto ciò, invece, la diversità di condizione in cui si trova chi sia in ferie o in permesso senza alcuna correlazione con l’avvenuta introduzione dell’obbligo vaccinale a carico degli ultracinquantenni, è nella lettera della legge, quando prevede di procedere al controllo al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro o di prendere atto della mancanza della prescritta certificazione da parte del dipendente, procedendo alla sua sospensione, solo ove espressamente e spontaneamente comunicato[6].
Il ruolo del datore di lavoro comunale non è quello di esercitare un potere punitivo o sanzionatorio nei confronti del dipendente non vaccinato (non a caso la sanzione – pur minimale – per mancato rispetto dell’obbligo vaccinale viene irrogata dall’agenzia delle entrate o, in caso di accesso ai luoghi di lavoro, dal Prefetto), bensì quello di garantire che la prestazione lavorativa sia organizzata e svolta nel rispetto di tutto quanto prescritto dalla legge, evitando qualsiasi comportamento o strumento che si riveli sostanzialmente elusivo della norma (quale, ad esempio, uno smart working concesso ad hoc).
Per questo motivo il Dirigente comunale deve essere accorto ed accurato nell’esercizio delle proprie prerogative dirigenziali, non pretendendo adempimenti ulteriori o eccedenti rispetto a quelli previsti dalla legge[7], ma, al contempo, senza permettere comportamenti elusivi della norma. Pertanto, ad esempio, il Dirigente potrà ben valutare se collocare o meno in ferie un dipendente che sa essere ultracinquantenne e non vaccinato e che ne abbia fatto richiesta proprio per il periodo continuativo dal 15 febbraio in poi: rientra nei poteri dispositivi del datore di lavoro l’organizzazione delle assenze dal servizio per ferie e le relative valutazioni circa l’opportunità o meno della loro disposizione.[8]
Il Dirigente pubblico/datore di lavoro in sostanza deve utilizzare atti organizzativi che non consentano l’elusione di un obbligo vaccinale, peraltro sanzionato tramite l’agenzia delle entrate-riscossione, quando sia consapevole che le richieste del personale mirano a violare i doveri solidaristici che tendono alla tutela della salute pubblica come richiesto dal legislatore italiano e da tutte le norme emergenziali sino ad ora emanate e tutt’ora in vigore.
Per completezza va comunque evidenziato che tale interpretazione[9] è una delle possibili: l’alternativa, d’altro canto, presta il fianco a dei rischi sia nella gestione del rapporto di lavoro sia di natura contenziosa.
Si potrebbe interpretare, contro la letteralità di una norma diversamente scritta per due fattispecie diverse (art 4-ter diverso dall’art. 4-quinquies), che vi sia l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni a prescindere dall’entrata dai luoghi di lavoro e dello svolgimento di attività lavorativa (sostanzialmente ritenendo che sia un obbligo assoluto, incondizionato, analogo a quello di un esercente attività sanitaria o altra professione di cui all’art. 4ter). Ciò implicherebbe che il datore di lavoro dovrebbe sospendere dal servizio il dipendente anche ove questi si rifiutasse o non fosse in grado di trasmettere la certificazione verde Covid-19 nel corso di un periodo di ferie o di fruizione di permessi/aspettativa già in atto. Ciò potrebbe dar luogo ad un contenzioso, con possibilità che il giudice del lavoro aderisca alla tesi, conforme al dato letterale, secondo la quale la verifica del possesso della certificazione verde Covid-19 deve avvenire al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro o quanto meno nell’ambito dello svolgimento dell’attività lavorativa, essendo deputato l’aspetto sanzionatorio esclusivamente ad altri enti/autorità (Agenzia delle Entrate-Riscossione e Prefetto). Da ciò, potrebbero quindi scaturire eventuali condanne dell’ente al versamento della retribuzione non pagata o al risarcimento del danno da mancato esercizio del diritto al riposo o alla fruizione dei congedi ex l. 104/1992 o di altri permessi riconosciuti dalla legge.
Il fatto che il legislatore abbia scritto norme complesse, ricche di rinvii e che non brillano per chiarezza non fa che deporre a favore di una interpretazione che tenda il più possibile a tutelare sia il datore di lavoro, sia l’ente di appartenenza, evitando applicazioni eccessivamente repressive quando la norma è scritta in modo diverso da altre, evidentemente più restrittive.
Rispetto all’obbligo vaccinale di cui all’art. 4-ter D.L. 44/2021 è peraltro anche ravvisabile una ratio diversa della norma: i sanitari, chi svolge attività di polizia municipale o in istituti penitenziari e figure analoghe sono categorie di lavoratori particolari, che svolgono mansioni ed attività ben distinte da quelle di un amministrativo comunale.
La raccomandazione finale e conclusiva, per la mia parte, è verso i datori di lavoro: pur sostenendo l’interpretazione cautelativa della norma come sopra illustrato, ribadisco che i Dirigenti comunali sono tenuti ad evitare qualsiasi forma elusiva, nonostante potrebbero sopravvenire varie forme di sollecitazione da parte di dipendenti privi di vaccino ad essere collocati in ferie o messi in smart working, magari approfittando della regola secondo la quale la prevalenza della prestazione in presenza può risultare anche su base plurimensile. Tale disposizione, prevista perlopiù per consentire una certa flessibilità in un periodo pandemico caratterizzato da malattie impreviste e prolungate assenze forzate, non può essere strumentalizzata calcolando il 51% della prestazione in presenza anche sui mesi antecedenti al 15 febbraio o alla sottoscrizione del prescritto accordo individuale con il datore di lavoro, in modo retroattivo.
Dal 15 febbraio, la pubblica amministrazione deve garantire che chiunque presti attività lavorativa, a qualunque titolo, sia in possesso di Certificazione Verde Covid-19 da vaccino o, al più, da avvenuta guarigione.
In conclusione, anche per i motivi di cautela sopra indicati, la norma va interpretata come sopra illustrato ed il datore di lavoro deve, nel contempo, evitare qualsiasi forma di elusione tale da consentire a qualche lavoratore “furbetto” di sfruttare le pieghe di leggi scritte in modo talora affrettato, sfuggendo ad un obbligo vaccinale generalizzato introdotto dal legislatore a carico degli ultracinquantenni. Ciò rappresenta peraltro una dovuta forma di rispetto nei confronti di altri lavoratori che, con coscienza e superando paure -pur legittime-, hanno avuto il coraggio di sottoporsi a vaccinazione in modo leale, corretto e a tutela della salute pubblica della collettività italiana.
* Segretario Generale Dirigente del Comune di Ancona
——————————–
NOTE
[1] Art. 9 d.l. 52/2021 comma 2:
- Le certificazioni verdi COVID-19 attestano una delle seguenti condizioni:
- a) avvenuta vaccinazione anti-SARS-CoV-2, al termine del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della relativa dose di richiamo;
- b) avvenuta guarigione da COVID-19, con contestuale cessazione dell’isolamento prescritto in seguito ad infezione da SARS-CoV-2, disposta in ottemperanza ai criteri stabiliti con le circolari del Ministero della salute;
- c) effettuazione di test antigenico rapido o molecolare, quest’ultimo anche su campione salivare e nel rispetto dei criteri stabiliti con circolare del Ministero della salute, con esito negativo al virus SARS-CoV-2.
c-bis) avvenuta guarigione da COVID-19 dopo la somministrazione della prima dose di vaccino o al termine del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della relativa dose di richiamo.
[2] Introdotto dal decreto legge 26 novembre 2021 n. 172;
[3] Trattasi pertanto di obbligo al controllo del rispetto dell’obbligo vaccinale tout court ed incondizionato, in relazione alla tipologia di servizio pubblico prestato dai lavoratori ad esso adibiti.
[4] Cfr. Il decreto del Presidente del Consiglio del 23 settembre 2021, il quale, al fine di realizzare il superamento dell’utilizzo del lavoro agile emergenziale disposto nel tempo come misura di contrasto del rischio epidemiologico da Covid-19, stabilisce che, a decorrere dal 15 ottobre 2021, la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle amministrazioni pubbliche è quella in presenza, fermo restando l’obbligo di assicurare il rispetto delle misure sanitarie di contenimento del rischio di contagio da Covid-19;
Cfr. il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione 8 ottobre 2021, il quale individua le condizionalità ed i requisiti necessari (organizzativi ed individuali) per utilizzare il lavoro agile in un quadro di efficienza e di tutela dei diritti dei cittadini ad una adeguata qualità dei servizi, stabilendo che le amministrazioni possono fare ricorso al lavoro agile a condizione che non pregiudichi o riduca in alcun modo la fruizione dei servizi a favore degli utenti, attraverso “un’adeguata rotazione del personale che può prestare lavoro in modalità agile, dovendo essere prevalente, per ciascun lavoratore, l’esecuzione della prestazione in presenza”;
Cfr. le linee guida sul lavoro agile del Ministro per la Funzione Pubblica, adottate previo confronto con le organizzazione sindacali e sulle quali è stata acquisita l’intesa della Conferenza Unificata in data 16.12.2021 e suggerite quale parametro di riferimento per la disciplina del lavoro agile anche dallo stesso Ministro On.le Brunetta ed On.le Ministro Orlando nella successiva circolare 05.01.2022 a firma congiunta;
Cfr. la circolare 05.01.2022 a firma congiunta del Ministro per la Funzione pubblica e del Ministro per il lavoro e delle politiche sociali, emanata al fine di sensibilizzare le amministrazioni ad una programmazione del lavoro agile con la flessibilità necessaria a fronteggiare questo particolare momento di alta diffusione dei contagi, “tenuto conto che la prevalenza del lavoro in presenza indicata nelle linee guida potrà essere raggiunta anche nella media della programmazione plurimensile”.
[5] https://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/ministro/13-10-2021/green-pass-e-ritorno-ufficio-le-faq-la-pubblica-amministrazione)
[6] Cfr. art. 4quinquies D.L. 44/2021, diversamente dalla letteralità dell’art. 4ter che impone di verificare immediatamente l’adempimento dell’obbligo vaccinale;
[7] Ad esempio imponendo la trasmissione di certificazione verde Covid-19 da parte del dipendente che sia già in ferie o in aspettativa o che stia fruendo di permessi personali di varia natura –sussistendone i presupposti di legge- al momento dell’entrata in vigore dell’obbligo;
[8] Ad esempio, valutando se le ferie richieste costituiscono arretrato imputabile agli anni precedenti, e pertanto da smaltire, o meno;
[9] Secondo la quale il datore di lavoro pubblico non dovrebbe pretendere “adempimenti ulteriori o eccedenti rispetto a quelli previsti dalla legge” e quindi, evitare “di pretendere la trasmissione di certificazione verde covid-19 da parte del dipendente che sia già in ferie o in aspettativa o che stia fruendo di permessi personali di varia natura al momento dell’entrata in vigore dell’obbligo”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento